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di Gianfranco Bonofiglio

L'elenco degli omicidi in Calabria compiuti dalla 'ndrangheta e rimasti impuniti è lunghissimo, e non si limita alla sola terra calabra, ma si estende anche ad altre regioni. Fra i tanti delitti irrisolti, archiviati con assoluzioni, prescrizioni e altri esiti, ve n’è uno particolarmente feroce, avvenuto nel lontano 1981.

Si tratta dell’omicidio di una giovane ragazza, Rossella Casini, innamorata della persona sbagliata e soprattutto ignara della ferocia che ha sempre caratterizzato la 'ndrangheta calabrese.

Questa vicenda è tornata oggi alla ribalta grazie al libro di Roberto Saviano L’amore mio non muore, pubblicato da Einaudi, attualmente ai vertici delle classifiche dei libri più venduti in Italia.

 

 

Nel libro si racconta la sua storia.

Rossella Casini era fiorentina, figlia unica di Loredano, ex dipendente Fiat, e di Clara, casalinga. Viveva con i genitori a Borgo la Croce. Capelli biondi, occhi azzurri, totalmente estranea alla cultura mafiosa, Rossella, nata il 29 maggio 1956, aveva 21 anni e studiava Pedagogia alla Facoltà di Magistero dell’Università di Firenze quando, nel novembre del 1977, conobbe Francesco Frisina.

Francesco era uno studente calabrese fuorisede, iscritto alla Facoltà di Economia all’Università di Siena. Da poco si era trasferito, con altri studenti meridionali, nella stessa palazzina ottocentesca in cui abitava la famiglia Casini. Rossella iniziò con lui una relazione, ignara dei legami di Francesco con la 'ndrangheta e dell’affiliazione della sua famiglia alla 'ndrina Gallico di Palmi. Oggi Rossella Casini avrebbe avuto 69 anni, tanti quanti ne ha oggi Francesco Frisina.

La relazione tra Rossella e Francesco sembrava scorrere nella normalità, finché nell’estate del 1979 andarono in vacanza nella città natale di lui, Palmi.

Durante il soggiorno, il 4 luglio 1979, il padre di Francesco, Domenico Frisina, imprenditore agricolo, fu assassinato da due killer della 'ndrangheta in contrada Pirara di Palmi. L’omicidio era legato alla faida tra la 'ndrina Gallico, cui appartenevano i Frisina, e le 'ndrine Parrello-Condello. Rossella iniziò a rendersi conto di essere finita in mezzo a una guerra di mafia.

Nonostante tutto, Rossella, sempre più innamorata di Francesco, rimase a Palmi nei mesi successivi per offrirgli sostegno morale.

Il 9 dicembre 1979 anche Francesco fu ferito gravemente alla testa durante una spedizione punitiva. Fu ricoverato a Reggio Calabria, ma Rossella riuscì a farlo trasferire a Firenze, all’ospedale Careggi.

Durante la degenza, Rossella, con l’aiuto di un giovane brigadiere di Polizia, convinse Francesco a collaborare con la giustizia. Rossella stessa, il 14 febbraio 1980, rese dichiarazioni al procuratore di Firenze, Francesco Fleury, che inoltrò gli atti alla procura di Palmi.

Tuttavia, Rossella non comprese fino in fondo di essersi condannata a morte. Gli anni ’80 furono i più sanguinosi nella storia delle faide di 'ndrangheta.

La reazione della famiglia Frisina fu immediata. Intervenne Pino Mazzullo, cognato di Francesco. Francesco fu convinto a ritrattare e si trasferì a Torino. La colpa ricadde tutta su Rossella, che però non rinunciò a salvare Francesco.

Rossella scomparve il 22 febbraio 1981 a Palmi. Aveva solo 24 anni. L’ultima telefonata al padre Loredano annunciava il ritorno a Firenze. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Seguì un lungo silenzio. La madre morì di dolore nel 1988. Il padre, minacciato, dovette interrompere le ricerche.

Il caso emerse nuovamente solo nel 1994, grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Lo Vecchio. Egli riferì che Rossella fu uccisa per aver convinto Francesco a collaborare con la giustizia. Secondo Lo Vecchio, Francesco diede il suo assenso all’eliminazione. "Fate a pezzi la straniera", fu l’ordine.

Rossella, considerata estranea alla cultura mafiosa, fu rapita, stuprata, fatta a pezzi e gettata in mare nei pressi della tonnara di Palmi.

Il processo di primo grado iniziò il 25 marzo 1997, sedici anni dopo la scomparsa. Quattro le persone rinviate a giudizio: Domenico Gallico, Pietro Managò (giudicato separatamente), Francesco Frisina e la sorella Concetta. Il processo si concluse nel 2006 con l’assoluzione degli imputati per insufficienza di prove.

Nel frattempo, i genitori di Rossella erano già morti. L’assoluzione sarebbe stata per loro un ulteriore dolore.

Questo processo si inserisce nella lunga scia di vicende archiviate per insufficienza di prove. Anche altri sequestri al Nord, con corpi mai ritrovati, finirono impuniti nonostante il pagamento dei riscatti.

Eppure, nonostante la ferocia della 'ndrangheta, questa continua a essere sottovalutata. Controllando il traffico di droga, è la holding criminale ed economica più potente al mondo.

A differenza dei corleonesi, la 'ndrangheta non ha mai sfidato apertamente lo Stato. Non ha mai ucciso politici, ma ha preferito corrompere le istituzioni con il denaro. Una strategia vincente che l’ha resa dominante, anche grazie alla complicità silenziosa di politici e istituzioni che, a parole, la combattono, ma nei fatti la proteggono.

 

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Info Autore
Gianfranco Bonofiglio
Author: Gianfranco Bonofiglio
Biografia:
Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Milano, docente ordinario di "Competenze digitali" negli Istituti Superiori dal 1990, impegnato sin dal 1987 in percorsi di educazione alla legalità e crescita della cultura antimafia, promotore di numerose iniziative nelle scuole e nelle Università per la conoscenza del fenomeno mafioso. Autore di numerose inchieste giornalistiche pubblicate anche su quotidiani di caratura nazionale. Docente di Storia della criminalità in vari corsi e varie iniziative del mondo universitario. Direttore responsabile dell'emittente televisiva regionale, Calabria News 24, Direttore responsabile e editore del quotidiano on - line "La Voce Cosentina.it" e del quotidiano on - line "LaVoceRomana.it". Moderatore di centinaia di convegni e scrittore di numerosi libri sulla criminalità.
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