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di  Michele Petullà

Cos’è la poesia? Cosa ci insegna o ci può insegnare? Cosa significa fare poesia? Sono le domande essenziali, costitutive e ineludibili, di questa particolare e nobile arte letteraria, per chiunque si accinga a scrivere poesie o pensieri in forma di poesia.

Ho affrontato queste domande ed ho cercato di dare delle risposte, non da critico, ma semplicemente da autore: un pensatore che, ad un certo punto della propria vita intellettuale, ha sentito il bisogno di esprimersi anche in versi, cercando di usare il più possibile gli strumenti retorici legati a quest’arte, che ha le sue origini nella notte dei tempi.

Il termine poesia, inteso nel suo significato etimologico, deriva dal latino pŏēsis e dal greco póiēsis, nome d’azione di poiéin, che significa fare, creare. La poesia, dunque, è un atto creativo fattuale.

Fin dalle sue origini, la poesia si è caratterizzata come espressione creativa e comunicativa del sé. Nell’antica Grecia, il poeta era il creativo per eccellenza, perché riusciva a materializzare, attraverso l’arte della poesia, le emozioni e gli stati d’animo, entrando nelle profondità più recondite della propria anima.

Affinché la poesia possa realmente farsi “cosa”, affinché essa possa realizzarsi effettivamente, ha bisogno di essere “accolta”, ricevuta da qualcuno. Ciò si realizza attraverso un processo di comunicazione.

Ognuno di noi vive la sua vita come un incontro continuo con gli altri. Da questi incontri nascono esperienze che ci segnano, che rimangono dentro. Il poeta riesce a trasformare queste esperienze in versi, in poesia, rendendole da personali in universali, come fossero esperienze che appartengono a tutti, nelle quali ogni lettore può riconoscersi: quando ciò accade, avviene un ulteriore incontro, quello tra il poeta e il lettore, creandosi così un’importante relazione empatica e narrante.

Per mezzo della poesia, dunque, il poeta esprime creativamente sé stesso, il suo mondo interiore, la sua propria creatività, manifestando, al contempo, il bisogno di sondare, di comprendere, parti poco accessibili del suo essere (comunicazione con la propria coscienza) e di comunicare con gli altri  (comunicazione con il mondo esterno). Possiamo parlare della poesia, pertanto, come “luogo dell’anima”, “culla/grembo dei sentimenti”, “respiro/sospiro dell’anima”: atto creativo attraverso cui il poeta esprime l’essenza di sé stesso, della propria anima, “espressione pura del sentimento”, come diceva il filosofo e scrittore Benedetto Croce (1866 - 1952). La poesia parla, con le sue parole eterne, all’anima dell’individuo e all’anima del mondo.

In senso estetico e tecnico, d’altra parte, la poesia è l’arte (intesa come abilità, capacità) di produrre composizioni verbali in versi, secondo determinate leggi metriche: una forma linguistica ben precisa, specialistica, distinta dalla prosa. La poesia, pertanto, consiste in un atto formale che ha, però, ragion d’essere solo in quanto portatore di contenuti e messaggi costantemente e volutamente arricchiti dalla forma in cui sono presentati.

In senso lato e generale, inoltre, la poesia può essere intesa come l’arte, l’abilità, la capacità di esprimere in versi forti sentimenti, associazioni di immagini, suscitando emozioni, ma anche di innalzarsi sopra i valori correnti per forza creativa e profondità di concetti. In questa accezione, il tratto pertinente della poesia non è più l’aspetto metrico, ma l’elevatezza concettuale e formale.

Attraverso la poesia, il poeta cerca innanzitutto di comprendere sé stesso, di comunicare con sé stesso e la sua essenza. Fare poesia vuol dire scavare nelle proprie risorse creative, nei lati nascosti della propria anima. Chi scrive poesie ubbidisce a un impulso, un fuoco ardente, che gli proviene dal profondo del proprio essere. Un impulso che nasce dal caos interno del poeta. Per lo psicanalista Sigmund Freud  (1856 - 1939) il bisogno di scrivere del poeta “affonda le sue radici nei suoi conflitti inconsci”. Per altri, come Abraham Maslow (1908 - 1970) ed Erich Fromm (1900 - 1980), la creatività del poeta nasce dal “bisogno di un’autentica realizzazione di sé”.

Comunque sia, nel momento in cui crea una poesia, il poeta realizza un processo di esplorazione e di conoscenza del sé interiore, della propria interiorità, della propria anima, rinunciando a percorsi già noti, a disegni prestabiliti provenienti dal senso comune. In questo modo egli realizza la sua creatività e unicità poetica. Poesia è quando l’anima incontra il suo pensiero e il pensiero trova le sue parole. Poesia è l’anima che si fa parola, immagine, simbolo, relazione, comunicazione.

La poesia è una perfetta forma di comunicazione, che consiste, per dirla con le parole del linguista svizzero Horace-Bénédict de Saussurre (1740 - 1799), nella fusione di significante (il piano dell’espressione) e significato (il piano del contenuto). Una poesia si può dire tanto più riuscita quanto più esprime una perfetta corrispondenza tra questi due elementi fondamentali di ogni comunicazione: l’unione di forma e contenuto, la stretta relazione fra significante e contenuto (“segno”).

La poesia, dunque, non è, e non può essere, soltanto un semplice “dire”, un semplice “scrivere” pensieri e parole più o meno ad effetto, poiché essa veicola messaggi, contenuti. E, pertanto, è importante come il poeta riesce a trasmettere il suo messaggio, i suoi contenuti. La comunicazione poetica è una comunicazione complessa, che coinvolge gli aspetti verbali di essa, le singole parole usate e l’associazione tra esse, ma anche gli aspetti non strettamente verbali, le costruzioni stilistiche, come il loro intrecciarsi in suoni, le immagini che è in grado di evocare, le figure retoriche e le invenzioni linguistiche – metafore, simbologie, allegorie –, il ritmo e la musicalità del verso. E’ l’insieme di questi elementi, e l’associazione tra essi, che veicola i contenuti emotivi, amplificando il significato delle parole.

La poesia è una forma di linguaggio/comunicazione particolare, spesso denotata da vero e proprio sovvertimento linguistico (licenza poetica). La poesia, diceva Roland Barthes (1915 - 1980), linguista- semiologo-saggista-critico letterario francese,  è “il linguaggio stesso della trasgressione del linguaggio”. 

Scrivere una poesia vuol dire mettere in fila su un foglio delle parole che, invece di appartenere all’ordine della comunicazione pratica, si propongono di esprimere innanzitutto una condizione particolare dell’anima. Il bisogno di comunicazione poetica è molto diffuso, appartiene alla stessa condizione umana e risponde a esigenze universali. E’ un desiderio di comunicare in maniera diversa da come si comunica nella vita quotidiana.

Nella poesia le parole sono note musicali, note di una grazia interiore: non solo significante, ma anche significato, immagine, evocazione, sentimento, emozione. Le parole, la versificazione, il ritmo, le pause, le metafore, il rimescolamento dei termini, le apparenti illogicità lessicali, l’uso di simbologie, sono elementi di un codice purissimo di comprensione emozionale, che consente al poeta di “vedere oltre”, dando una rappresentazione dei sentimenti che la comunicazione razionale, quotidiana, non può dare.

La poesia, pertanto, può essere definita anche come l’arte del tessere, del ricamare attraverso la parola situazioni e sentimenti che resteranno nel tempo. In tal senso, prendendo a prestito la metafora drammaturgica utilizzata dal sociologo canadese Erving Goffmann (1922 - 1982) nello studio della vita quotidiana (La vita quotidiana come rappresentazione), possiamo dire che la poesia è anche l’arte, l’abilità di mettere in scena, di rappresentare, di comunicare i sentimenti umani attraverso componimenti in versi particolarmente ispirati e suggestivi, in grado di suscitare grandi emozioni in chi legge, spingendolo alla riflessione.

Mai come adesso abbiamo bisogno di ricamare il nostro tempo, per costruire memoria e lasciarla in eredità ai lettori futuri. La poesia non solo può, ma deve rispondere ai bisogni dell’Uomo. La poesia, col suo continuo e perpetuo lavorio di scavo interiore, forse è quello che più serve, oggi, per restare umani, per cantare il proprio tempo, esserne testimoni e profeti, per lasciare un segno che rimanga parlando di noi, della nostra umanità.

 

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Info Autore
Michele Petullà
Author: Michele Petullà
Biografia:
Laureato in "Scienze Politiche e Sociali" presso l'Università di Torino, ho conseguito il Perfezionamento Post-Laurea in "Teoria Critica della Società" presso l'Università Bicocca di Milano ed il Diploma di Alta Formazione in "Comunicazione e Cultura" presso l'Università Lateranense di Roma. Ho seguito il Corso di Formazione annuale per "Redattore-Consulente di Casa Editrice" presso l'Agenzia Letteraria "La Bottega Editoriale" di Roma. Sono Giornalista, iscritto all'Ordine dei Giornalisti dal 2010; Sociologo, iscritto all'ASI (Associazione Sociologi Italiani), componente del Consiglio Direttivo Nazionale e Addetto Stampa; Educatore Finanziario AIEF (Associazione Italiana Educatori Finanziari). Sono autore delle seguenti pubblicazioni: "Analisi sociologica dell'Informazione televisiva quotidiana: modelli professionali e routines produttive" (Tesi di Laurea, UniTo); "Un Uomo. Una Storia" (Racconto storico, Adhoc Edizioni); "Dall'Osanna alla Risurrezione" (Saggio, Adhoc Edizioni); "Opinione Pubblica, Stereotipi, Democrazia: il contributo di Walter Lippmann riletto al tempo dei new media" (UniMiB); "Frammenti d'Anima" (Meligrana Editore); "Teorie evoluzionistiche in Antropologia. Modelli e sviluppi", Miano Editore, Milano. Scrittore e autore di poesie, mi occupo in particolare di cultura, attualità e società. Sono interessato allo studio e alla ricerca nel campo delle Scienze sociali ed umane. Amo l'arte in genere ed in particolare la poesia e la musica. Son l'uomo dai mille pensieri, la vita mi mormora parole d'amore e libere le lascio volare, tra la terra ed il cielo!
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