L’EDITORIALE / Quando diranno “dirige l’orchestra”, penseremo a te
Il maestro che ha fatto la storia di Sanremo e della musica italiana, con garbo, ironia e talento vero
di Ettore Zanca
Aveva quell’aria da spinone di un film Disney. Buono e con la voce saggia.
Mai sopra le righe, anche quando per Sanremo non era più arruolabile, per gli organizzatori. Paradossalmente, questo fece di lui un’icona. Era serio, e per questo diventava una figura comica surreale. E lui ci sguazzava.
Ma era un gran professionista. Arrangiatore e direttore d’orchestra per tantissimi artisti italiani. Quando era sconosciuto, a una festa presentò due canzoni a Gino Paoli. Lui era entusiasta di entrambe. Ma quando Peppe gli chiese se avrebbero collaborato, Paoli si alzò e rispose: “No. Non so manco chi sei. Non ti ho nemmeno baciato in bocca”. Poi divenne uno dei suoi più cari amici.
Capace di ammortizzare tutte le mattane degli artisti. Ma li faceva lavorare. Una volta la Vanoni, esasperata dalle sue continue correzioni alle prove, gli lanciò una scarpa. Quando lavorava con lei, alla fine dello spettacolo — che era sempre un successo — scappava, perché sapeva che lei avrebbe cazziato chiunque per fare valere il suo ruolo.
Direttore d’orchestra di Max Pezzali anche in uno dei suoi due Sanremo, nel 2011.
Ci lascia Peppe Vessicchio. Anche se non sembra vero. E da ora in poi, a Sanremo, quando i conduttori annunceranno “dirige l’orchestra…”, diremo con malinconia: “il maestro Peppe Vessicchio”. Sperando di vederlo comparire.