di Stefano Dentice
Ogni suo concerto è un’arricchente esperienza umana. Ogni suo spettacolo è una continua sorpresa, frutto della sua illuminante imprevedibilità artistica, della sua fervida immaginazione musicale, figlio dei suoi brillanti guizzi che stupiscono e spiazzano, come un fine prestigiatore che estrae il coniglio dal cilindro.
Petra Magoni è una fra le cantanti italiane più creative, sensibili e comunicative degli ultimi vent’anni. Grazie al suo fulgido talento e alla sua magnetica presenza scenica conquista il pubblico di tutto il mondo, in Paesi come Ecuador, Russia, Stati Uniti, Albania, Giappone, Lituania, Francia, Ucraina, Tunisia, Montenegro, solo per citarne alcuni. Artista «borderline», dall’animo ribelle, stilisticamente trasversale, mercoledì 28 maggio alle 21:00, all’Auditorium Giovanni Averdi, sarà sul palco con l’Arkè String Quartet, formidabile quartetto d’archi formato da Carlo Cantini al violino elettrico, Valentino Corvino al violino, oud ed elettronica, Matteo Del Soldà alla viola e Stefano Dall’Ora al contrabbasso. Con questo ensemble, in occasione della decima edizione di Cremona Jazz, presenterà un progetto intitolato Subversion. Un omaggio, molto -personale, ad alcune figure iconiche come Mozart, Frank Zappa, Boris Vian, Ennio Morricone, Fabrizio De André, Franco Battiato, Giorgio Gaber, Nina Simone, David Bowie, solo per nominarne alcune.
- Subversion, tradotto dall’inglese, vuol dire sovversione. Artisticamente, cosa significa per te essere sovversivi?
«Essere sovversivi significa non far parte di un gregge, vuol dire ragionare con la propria testa. La sovversione parte dall’individuo. Ognuno trova i suoi obiettivi, i suoi perché. Non è necessariamente arrivare alla violenza come purtroppo accade in alcuni casi; seppur per fortuna minoritari. Ma avere un pensiero critico e cambiare la propria visione dentro di sé e intorno a sé. Sicuramente ci sono casi specifici, motivazioni più grandi che talvolta portano alla nascita di movimenti, dove individui diversi si prefiggono un obiettivo comune che cercano di portare a compimento. A volte sono ragioni condivisibili, intenti pacifici, ma talvolta non lo sono. Per cui risultano meno condivisibili pur partendo da cause nobili».
- Questo progetto così particolare, ardimentoso e molto interessante ti vede protagonista insieme a quattro formidabili partner «sovversivi»: Carlo Cantini al violino elettrico, Valentino Corvino al violino, oud ed elettronica, Matteo Del Soldà alla viola e Stefano Dall’Ora al contrabbasso; ovvero l’Arkè String Quartet. L’idea di creare questa formazione nasce da un’esigenza artistica ben precisa?
«L’Arkè String Quartet esiste da diversi anni. È una formazione molto affiatata che nel corso della carriera ha collaborato con artisti del calibro di Trilok Gurtu, Antonella Ruggiero e non solo. Conosco personalmente Valentino Corvino da oltre trent’anni. Da sempre avremmo voluto collaborare, ma non c’era mai stata occasione a causa degli impegni reciproci. “Subversion” è una sua idea partorita vent’anni fa e rimasta in un cassetto, in quanto immaginata proprio per me».
- Nel repertorio si rende omaggio a svariate figure iconiche come i Beatles, Rolling Stones, Mozart, Frank Zappa, Ennio Morricone, Fabrizio De André, Franco Battiato, Giorgio Gaber, Nina Simone, David Bowie, i Pink Floyd e non solo. Tutti artisti di “rottura” che hanno provato a cambiare in modo sostanziale la visione del mondo sotto tanti punti di vista. Senti il peso della responsabilità di omaggiare le leggende sopracitate soprattutto per il messaggio artistico, culturale e sociale che intendevano comunicare?
«Non sento il peso della responsabilità. Anzi, mi piace molto reinterpretare, a modo mio, queste canzoni che, in un momento come quello che stiamo vivendo, risultano decisamente attuali. Penso che molti più artisti dovrebbero impegnarsi con maggior consapevolezza in questo senso, proprio alla luce di ciò che stiamo vivendo al giorno d’oggi».
- Da cantante, sotto l’aspetto tecnico e interpretativo, qual è la giusta chiave di lettura per affrontare al meglio questo repertorio che spazia dal rock alla musica colta, dal cantautorato al jazz?
«L’unica chiave per essere autentici nell’interpretare queste canzoni all’interno di “Subversion”, prima ancora che essere virtuosi, è il saper raccontare, la necessità di trasmettere il significato di ogni canzone. Il resto viene da sé, perché per me la narrazione dei testi è fondamentale».
- Mercoledì 28 maggio alle 21:00, all’Auditorium Giovanni Arvedi, sarai sul palco con l’Arké String Quartet per il progetto “Subversion”; in occasione della decima edizione di Cremona Jazz.Tu,artista particolarmente sensibile, empatica e comunicativa, che tipo di accoglienza emozionale ti aspetti dal pubblico di questo prestigioso festival?
«Spero che il messaggio trasmesso in questo spettacolo, oltre ovviamente alla musica di altissimo valore, possa arrivare ai cuori e alle menti di chi sarà presente».
Foto di Luca Bolognese
PETRA MAGONI & ARKE' STRING QUARTET 1 (PH LUCA BOLOGNESE)