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di  Gabriella Paci

Sempre più frequentemente ci giungono notizie di occupazioni abusive di appartamenti lasciati temporaneamente dai legittimi proprietari, o assegnatari, per vari motivi: cure mediche, vacanze, visite a parenti residenti in altra città. E’ del mese di maggio una notizia che riguarda una famiglia di Monterusciello (Na) che, lasciata per un periodo la propria casa perché un familiare doveva sottoporsi a cure mediche a Milano, ha trovato al suo rientro la serratura cambiata e la casa occupata da due donne e un minore, per cui è stata costretta a restare in strada.

Il fatto è stato denunciato dal deputato avv. Francesco Emilio Borrelli che, recatosi sul posto, ha tentato di mediare con le abusive prima di partire con la procedura di sgombero coatto. Borrelli ha dichiarato "Queste sono case popolari, legittimamente assegnate. Se hai diritto ad avere una casa popolare, paghi regolarmente i bollettini, e ti allontani per qualche ragione, non puoi vivere col terrore che qualcuno te la porti via”.

Eppure, questo è solo uno dei tanti casi in cui si verificano non solo occupazioni illecite, ma veri e propri atti di vandalismo per cui, una volta che i proprietari riescono a riappropriarsi della loro abitazione, la trovano praticamente semi-distrutta con piastrelle divelte, infissi danneggiati, sanitari rotti e anche sottrazione di parte dell’arredamento originale.

Chi occupa?

Dietro le occupazioni abusive ci sono famiglie, ma anche rom, gli homeless e i migranti senza regolare permesso. Spesso è la criminalità locale a gestire la cosa per il controllo del territorio. Si stima che siano oltre 50.000 gli alloggi occupati da abusivi in Italia nel 2023, e a farne le spese sono soprattutto chi vive in grandi città come Roma, Catania, Genova, Palermo, Torino e Venezia (che presentano numeri dai maggiori ai minori, anche se non mancano casi di paesi o città più piccole).

Esistono strategie preventive?

Ovviamente, per fuorviare gli abusivi sarebbe opportuno fingere che la casa sia abitata, lasciare le serrande semi aperte, le luci accese, avere un segnale d’allarme collegato con la polizia e telecamere, e allertare i vicini che tengano sott’occhio l’abitazione, oltre che conservare copia dell'atto di proprietà (o di godimento o di assegnazione) dell'immobile fuori casa.

La legge come tutela?

Davanti a un caso di occupazione abusiva occorre recarsi presso un Commissariato di Polizia (o stazione dei Carabinieri) per sporgere una formale denuncia-querela, chiedendo l’avvio di un procedimento penale nei confronti degli occupanti abusivi.  Purtroppo, questo non significherà però consentire alle forze dell’ordine di entrare nella casa e farla liberare.

Prenderà avvio il procedimento penale che prevede anche un eventuale risarcimento danni, ma richiede tempo, per cui conviene rivolgersi ad un Giudice Civile, avviando tramite il tribunale la cosiddetta “Azione di spoglio". Tale azione prevede la durata di un anno dal momento dell’occupazione, o da quello della presa di conoscenza. L’avvocato provvederà a redigere uno specifico ricorso attraverso il quale adirà il Tribunale chiedendo la reintegra nel possesso della vostra abitazione, con condanna degli occupanti all’immediato rilascio.

Se ricorrono i presupposti, il giudice emetterà un’ordinanza di reintegrazione.

Dunque il giudice farà attuare i provvedimenti necessari, compreso l’intervento delle forze dell’ordine per il rilascio dell’abitazione, volontario o coatto.

 

 

di Lucia Zappalà

È una sfida grande quella di Alessandra Gallina che non deve conoscere né barriere né confini.

E “Spes non confundit”, “la speranza non delude”.

L’altruismo non si basa sull’insegnamento di un concetto teorico, ha piuttosto il proprio fondamento in un atteggiamento pratico, reale e tangibile, in un’arte di vivere, in uno specifico stile di vita che occupa l’intera esistenza.

Alessandra ha lavorato per 15 anni al Ministero della Difesa come capo tecnico, con incarico di revisore contabile per i lavori del Genio Militare di Padova. Era il 1988, e a quei tempi era difficile essere una donna geometra, a parità di formazione, abilità, competenze e nonostante l’assunzione tramite concorso nazionale. Ha vissuto quasi “in prima linea” il periodo di Tangentopoli, e forse segnata da quel susseguirsi di suicidi, uno dopo l’altro come in un domino, ha deciso di cambiare attività e settore, diventando una libera professionista. Ha sposato nel 2013 Marco Laurito.Ilmarito è affetto da sordità grave-profonda sin dalla tenera età. È anch'egli un libero professionista, laureato in fisica ed esperto di informatica. La caratteristica che li contraddistingue e li accomuna è la generosità. Insieme sono stati autori di diverse donazioni che si sono concretizzate anche nella realizzazione di un pozzo in Kenya. Il 6 marzo del 2019 hanno fondato l’Associazione Alto Volume APS (di cui Marco Laurito è il Presidente) che ha la sede legale ad Istrana. Alto Volume ha lo scopo di aiutare i bambini gravemente audiolesi che vivono in condizioni di povertà, donando loro le protesi acustiche adeguate.

Alessandra ha stilato il progetto denominato "Stellina alla conquista del suono". Consiste in un lavoro di ricerca destinato alla realizzazione di una comunicazione esperienziale multisensoriale. Il progetto è stato portato all'attenzione del presidente della Regione del Veneto Luca Zaia e, a fronte di un incontro con Manuela Lanzarin, Assessore alla Sanità e ai Servizi Sociali, è diventato un Progetto Pilota per la Città di Treviso. È un’iniziativa di natura sperimentale il cui esito è stato valutato positivamente ed è stata poi avanzata una proposta per una sua estensione a livello territoriale.

I criteri di selezione dei bambini destinatari degli apparecchi acustici sono definiti da un protocollo d’intesa redatto dall’Associazione Alto Volume, in accordo con i donatori (l’Associazione ANAP della Confartigianato di Treviso e l’Associazione “Per mio figlio” ONLUS di Treviso) e con la supervisione del dott. Francesco Benazzi, direttore generale dell’ULSS 2 di Treviso.

- Come sei entrata in questo mondo di solidarietà, di empatia, di buone aspettative da offrire ai bambini in difficoltà?

«Io non sono entrata in questo mondo di solidarietà, ci sono sempre stata, ci sono cresciuta. Già da piccola stavo con gli anziani, con le persone disabili. Giocavo con loro. Mi piaceva di più aiutare le persone che erano in difficoltà che giocare con gli altri bambini. Mi annoiavo a stare davanti altelevisore. Non ho mai avuto bambole. Aiutavo mia nonna a tirare via le erbacce dall'orto.
L'affetto dei miei genitori, che mi è mancato, l’ho trovato in queste persone anziane che vivevano nel mio condominio. Ho creato con loro relazioni di amicizia, mi divertivo, cantavo con loro. Ed è quello che faccio ancora oggi in casa di riposo, collaborando nell’organizzazione di momenti ludico-ricreativi».

Ascoltando Alessandra si percepisce la ricerca di una profonda e concreta ragione del proprio essere al mondo che ha il suo punto di partenza nell’infanzia. Alessandra si è servita della propria infanzia nel modo giusto e le ha dato le ali. L’ha usata come un trampolino e da lassù, si sa, il salto è più lungo. Quando la vita sembrava fermarsi, a causa di un brutto incidente stradale, lei l’ha fatta diventare vita che procede attraverso l’attenzione ai bisogni altrui. Ne consegue che un dettaglio della natura come una disabilità venga affrontata con un occhio più attento e commosso.

-  Tu rappresenti la testimonianza di come l’impegno costante, la pazienza e la sensibilità possano migliorare una comunità. Quando hai sentito il bisogno di donare ai bambini sordi un apparecchio acustico?

«Era il mio destino sicuramente. Ho lavorato al Ministero della Difesa a stretto contatto con sordomuti che leggevano solo il labiale e comunicavano con la LIS, la Lingua Italiana dei Segni. Avevo una collega segretaria sordomuta che batteva a macchina i miei elaborati e quindi ho fatto una "bella gavetta" con loro. Certamente è cosa diversa un sordo muto dal sordo con la protesi acustica.

E poi successivamente sempre il destino ha portato Marco nella mia vita. Era venuto nel mio studio dopo averlo contattato per l’implementazione di un sito. Ho conosciuto l’altra realtà della sordità e vivendo a stretto contatto con la problematica di mio marito, mi è stato più facile affrontare la situazione dei bambini, più facile scegliere il comportamento adatto».

Riferendomi al breve accenno che fa Alessandra sulla differenza fra sordomuto e sordo, è opportuno sottolineare che la sordità non necessariamente viene accompagnata dal mutismo. Un sordo può parlare perché il suo apparato fonatorio funziona correttamente. La sua difficoltà nel modulare il tono della voce deriva dal fatto che un sordo grave-profondo non è in grado di valutare correttamente il volume della propria voce. Per tale motivo di solito si intraprende un percorso logopedico allo scopo di migliorare l’uso della voce e la pronuncia delle parole.

- La disabilità uditiva e il mutismo molto spesso comportano problematiche emotive e per assicurare una stabilità psicofisica è fondamentale la reazione di chi sta intorno. Che relazione avevi con loro durante la tua esperienza lavorativa al Ministero della Difesa?

«Non voglio vantarmi di niente però ero l’unica che riusciva a comunicare con loro. Non era facile sopportare i loro sbalzi d’umore e li supportavo con piccoli gesti d’affetto, come per esempio un cioccolatino, un sorriso ma soprattutto con il rispetto della loro difficile condizione, sono riuscita ad avere sempre un buon rapporto con loro, al punto da essere il tramite tra loro e gli altri colleghi.»

- Qual’ è l'obiettivo del progetto “Stellina alla conquista del suono”?

«Il nostro è un progetto di inclusione sociale che si basa su un obiettivo fondamentale: la donazione di apparecchi acustici. Quando un bambino sordo vive in una famiglia con difficoltà economiche non può comprare gli apparecchi "super tecnologici"; li chiamo proprio così coi bambini. I genitori sono costretti a scegliere apparecchi sottodimensionati rispetto a quelli che sono necessari. Il nostro intervento consiste nel “donare la differenza”, ovvero apparecchi d’alta gamma che fanno la differenza, dando ai bambini la possibilità di cominciare a sentire nel migliore dei modi. E questo deve avvenire in quella fase di crescita che va da 0 a 12 anni, in cui si sviluppa la parte emozionale, affinché possano vivere le emozioni, sentirle, percepirle, per non rinchiudersi in una camera, depressi e senza fiducia nel prossimo e nella loro vita».

- Quali sono state le tue paure, i tuoi dubbi, le tue perplessità.

«Paura di fallire nessuna, dubbi e perplessità nemmeno. Ho sempre creduto nel mio progetto. Stavo per fare qualcosa che mi stava a cuore, qualcosa di nuovo, diverso e sfidante. Sapevo che avrei potuto commettere errori perché l’errore fa parte di qualsiasi percorso. Ma questa consapevolezza non mi ha fermata. Forse l’aver passato gli anni su regole e leggi mi ha resa più sicura nel muovermi a livello professionale su questo progetto».  

- La consapevolezza del non poter beneficiare della comunicazione verbale allo stesso modo degli altri bambini può causare nel sordo un’impressione di esclusione. Potrebbe anche generare la sensazione del proprio corpo come anomalo, difettoso e di conseguenza determinare delle difficoltà nell’affrontare le limitazioni alla partecipazione sociale. Come gestite questa difficoltà nelle relazioni con i coetanei?

«Lo scopo è sempre quello di migliorare la qualità di vita del bambino sordo. Il nostro lavoro di ricerca implica l’applicazione di nuove forme di comunicazione come lo storytelling, il cui obiettivo fondamentale è quello di contribuire alla sensibilizzazione dei bambini della scuola primaria verso una conoscenza più approfondita dei disagi, che i bambini sordi devono affrontare in ogni momento della loro giornata. Adesso siamo partiti, finalmente, dopo il blocco della pandemia, con la stampa di 400 libri, per tutte le scuole di Istrana, grazie al contributo straordinario del Comune di Istrana. Devo dire che, a livello istituzionale, il Sindaco Maria Grazia Gasparini ha partecipato attivamente a questo progetto, con i suoi consigli e i suoi suggerimenti. Il 26 marzo 2024 è partito il progetto Pilota “Sentire è vivere” nella scuola di Pezzan. È stata organizzata una didattica inclusiva con la vicepreside Casellato Sabrina, dietro alla lettura animata in classe del nostro libro illustrato “Il Cerchietto Magico”. Inoltre, i volontari di Alto Volume ritengono importante la presenza di Marco Laurito nelle scuole perché la comunicazione diretta con una persona sorda crea sintonia ed agevola l’obiettivo dell’inclusione. Marco nei dialoghi coi bambini, parla anche senza protesi acustiche per far conoscere da vicino i disagi della sordità. Risponde a tutte le loro domande, a tutte le loro curiosità e li fa entrare in questo “mondo invisibile” dei sordi, che metaforicamente possiamo immaginare come “racchiusi in una bolla”».

- L’attenzione verso l’anziano ha contraddistinto la tua infanzia, l’attenzione verso i bambini sordi gli ultimi anni della tua vita. Adesso hai deciso di creare un legame fra i “due mondi”. Tante cose sono belle a vedersi, diceva Schopenhauer, ma essere una di loro è tutt’altra cosa. E io penso che tu sia proprio una di loro

 «Di recente, siamo operativi nella Casa di Riposo di Istrana con la quale abbiamo sottoscritto una convenzione portando avanti il mio ultimo progetto: quello di mettere insieme la sordità dell’anziano con quella del bambino. Durante le attività di laboratorio, per la creazione di fiori in carta velina, ho parlato della sordità e questo ha suscitato interesse negli anziani. Qualcuno di loro mi ha chiesto come poter avere gli apparecchi acustici.

Il mio auspicio è che anche un novantenne possa vivere meglio la sordità».

Naturalmente i progetti di Alessandra non finiscono qua. C’è sempre qualcosa di straordinario che bolle in pentola. Ciò che ha fatto la differenza nella vita di Alessandra è senza dubbio la sua attenzione sempre rivolta agli altri, a chi ha bisogno, a chi è in difficoltà. Ma a questo elemento cruciale, atto a garantire la solidarietà, va aggiunto un altro fattore non meno importante: la sua inarrestabile voglia di fare. È come una fabbrica di idee sempre in funzione e molto operativa. E, concludendo, ti voglio già dire grazie per tutto quello che verrà.

 

 

di  Ettore Zanca 

La coppia che vedete in foto è composta da Lauren Fryer e Declan Rice, sono due ragazzi inglesi che non hanno nulla di particolare. Si conoscono dalle superiori. Si sono innamorati e stanno insieme. Dal 2022 hanno anche un bimbo, Jude.

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