di Massimo Reina
Per anni ci hanno detto che la Grecia era il laboratorio dell’austerity.
Ora è diventata la cavia perfetta della nuova schiavitù: 13 ore di lavoro al giorno, con buona pace dell’Europa dei diritti e dei valori. Ma non preoccupatevi, dicono da Bruxelles: “È per il bene dell’economia”. Come no. È sempre per il nostro bene, come l’elettroshock o il colon irritabile.
Il parlamento greco, in un’orgia di cinismo bipartisan, ha approvato una legge che legalizza lo sfruttamento 2.0, quello “volontario”, quello che non ti punta la pistola alla testa, ma ti svuota il frigo, ti taglia le bollette, ti spinge in ginocchio davanti al datore di lavoro con lo stesso sorriso che avevi davanti al prete quando facevi la comunione. E i parlamentari, elegantemente vestiti e ben pettinati, hanno applaudito.
Eccola qui, la nuova Europa del lavoro: se non lavori 13 ore al giorno, non sei competitivo. Se protesti, sei fannullone. Se ti ammali, sei un costo. Se ti suicidi, sei una statistica.
Vi ricordate quando ci dicevano che l’Europa avrebbe difeso i lavoratori? “Lavorare meno, lavorare tutti”, dicevano i sindacati con le voci fioche e le pancette da buffet. Oggi siamo a “lavorare di più, guadagnare meno e morire prima”. Il tutto impacchettato in quella neolingua ipnotica, tanto cara ai tecnocrati e ai loro camerieri politici: flessibilità, produttività, libertà contrattuale. Parole che sembrano belle finché non ti accorgi che “flessibile” è solo la tua schiena.
Come scriveva Noam Chomsky, il potere usa sempre le stesse tecniche: paura, crisi, nemici invisibili, e poi l’offerta del “salvagente”. Solo che il salvagente è bucato. E mentre tu affoghi, il CEO di Amazon compra lo yacht più lungo del mondo.
Ma torniamo alla Grecia. Quel paese che l’Europa ha già crocifisso nel 2011, strangolato con le politiche di rigore, dissanguato con i memorandum della Troika, e ora vuole completare il lavoro. Anzi, il lavoratore. Rendere il lavoratore perfetto: obbediente, stanco, ricattabile e, soprattutto, grato di avere ancora un posto.
Il premier Mitsotakis – una via di mezzo tra Monti in dopobarba e Draghi con la faccia umana – dice che “è una legge moderna”. Certo, moderna come le catene invisibili. Il lavoratore ideale del 2025 non ha più le manette ai polsi: ce le ha al mutuo, alla bolletta, alla retta dell’asilo. E soprattutto, non le vede, che è il capolavoro della nuova schiavitù.
La cosa più divertente – si fa per dire – è che tutto questo avviene nel silenzio tombale delle élite europee, dei paladini dei diritti umani e dei giornali ben pettinati. Gli stessi che versano lacrime per i panda, ma restano muti davanti alla riduzione a bestiame del lavoro umano. Perché, come ci insegnava Orwell, “Il linguaggio politico è progettato per far sembrare vere le menzogne e rispettabili gli omicidi.”
In fondo, è perfetto così. Lavoreremo 13 ore al giorno, 6 giorni su 7. Poi arriveranno i 14, poi i 15. Finché un giorno, esausti, moriremo sulla tastiera, e ci seppelliranno con un QR code e uno sconto Amazon Prime.
Ma tranquilli: lo faremo in nome dell’Europa. Quella che non salva i migranti, ma salva i mercati. Quella che non ha tempo per i salari minimi, ma ne ha a fiumi per le guerre massime. Quella che si stringe la cravatta mentre ti stringe il cappio.
E se oggi tocca alla Grecia, domani tocca a noi. Perché, come sempre, l’inferno inizia con una riforma “per il bene di tutti”. Ma finisce con te che non vedi più l’uscita.
“La libertà è schiavitù”, scriveva Orwell.
La UE l’ha capito perfettamente. Ma noi?

