Ci sono storie che arrivano sottovoce, ma lasciano un rumore dentro.
Quella di Mikayla Raines è una di queste. Una ragazza che ha dedicato la sua vita agli animali, che ha trasformato la fragilità in cura, e che alla fine non ce l’ha fatta.
Il nostro collega Ettore Zanca ha scritto un pezzo intenso, diretto, necessario. Parla di Mikayla, ma anche di noi. Di come le parole possano salvare o distruggere. Di quanto male possa fare la rete, quando si trasforma in tribunale senza prove.
È un testo che fa male e fa pensare. Lo pubblichiamo perché crediamo sia giusto farlo, anche solo per ricordarci che dietro ogni schermo c’è sempre una persona.
(La Redazione)
di Ettore Zanca
Il 23 giugno scorso, è successo qualcosa che forse avrebbe dovuto avere più eco e invece è passata in cavalleria.
La ragazza che vedete si chiama Mikayla Raines.
Si è suicidata proprio quel giorno, al culmine di una campagna di bullismo online e di forti pressioni. Tutto per una vita che pensava di aver scelto e per cui voleva solo fare ciò per cui era portata: salvare gli animali.
Mikayla era la fondatrice di Save a Fox, una associazione e un rifugio per animali in Minnesota, oltre che una influencer online per il salvataggio e la cura degli animali, volpi in particolare. Mikayla era molto dedita all’attività anche perché affetta da spettro autistico e da una forma di disturbo borderline della personalità, per cui accudire la faceva stare meglio anche moralmente.
La madre ha raccontato che Mikayla fin da piccola aveva voluto prendersi cura degli animali quando aveva salvato e curato una piccola volpe che non ha più voluto separarsi da lei nonostante Mikayla la volesse tenere libera. “Secondo me era stata messa da Dio su questa terra con un compito, e lo ha svolto”. Mikayla da bambina aveva molti problemi a fare amicizia e a intessere relazioni, ma col tempo aveva trovato un compagno che la amava moltissimo e si dedicava con lei alle attività, Ethan, con cui ha avuto una figlia. Freya. Cercava di curarsi anche con farmaci, ma aveva un difetto che in questa società spesso uccide. Era troppo sensibile, facile a essere ferita e per questo l’odio online, unito ad atteggiamenti di invidia, l’ha destabilizzata definitivamente.
Mikayla è stata accusata ingiustamente e senza nessuna oggettività di essere una accumulatrice seriale di animali a scopo pubblicitario, di farsi bella con la sua attività ma di non essere come si mostrava e che spesso usava gli animali per i video salvo poi non prendersene cura. Non era vero, Mikayla si dedicava anche in maniera quasi maniacale alla salvezza degli animali, tanto che poco prima di suicidarsi era molto triste per non aver potuto sistemare come avrebbe voluto alcuni nuovi arrivi del rifugio.
Io lo so che questa storia non insegnerà un cazzo a nessuno. Che domani saremo ancora in rete a scrivere porcate, che magari qualcuno lo sta già facendo adesso, mentre scriviamo che le parole hanno un peso, sono armi, uccidono. Specie sui social dove basta una piccola calunnia che un tempo era un venticello e ora è una tempesta che annienta vite.
Siamo la specie vivente che quando non sa evolversi, distrugge il suo simile.
E forse Mikayla lo aveva capito, anche perché i neurodivergenti vedono più lontano delle persone “normali” e hanno più pelle scoperta. Ma non importa, domani ci saremo scordati di Mikayla o di chiunque altro.