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di  Massimo Reina

 

Se la Storia ha un senso del ridicolo, la geopolitica ce l’ha ancora di più. Per decenni l’egemonia sui mari – e quindi sul commercio globale – è stata un affare esclusivamente occidentale, con gli Stati Uniti nel ruolo del custode dei flussi marittimi e, quando serviva, anche del taglieggiatore di rotte strategiche. Ora, a scompaginare il mazzo, arriva Pechino con un piano che fa impallidire la Guerra Fredda: non solo vuole una marina militare in grado di sfidare quella statunitense, ma punta a riscrivere le regole del dominio marittimo globale.

Ed ecco il punto: la Cina ha capito che il futuro delle guerre si combatterà sull’acqua, prima ancora che nello spazio. Perché non importa quanti droni volino nei cieli se poi le navi cargo non possono attraversare il Pacifico senza il rischio di un siluro statunitense o, peggio, di un embargo strategico. La lezione l’hanno imparata bene a Pechino, dove il governo di Xi Jinping ha investito nella creazione di una flotta da guerra (e commerciale) che cresce al ritmo di una catena di montaggio, mentre la US Navy arranca tra costi astronomici e cantieri sempre più lenti.

IL SORPASSO IN NUMERI

Nel 2019, la marina cinese ha superato quella statunitense per numero di imbarcazioni. Certo, la quantità non è tutto, ma se si costruiscono navi con il ritmo di una fabbrica di smartphone, il divario qualitativo si colma in fretta. La Cina sta producendo cacciatorpediniere di ultima generazione, portaerei in grado di sfidare le superpotenze, sommergibili e, soprattutto, sistemi d’arma senza equipaggio che riscrivono le regole della guerra navale.

Un esempio? La JARI-USV-A, un drone navale che fa impallidire il Sea Hunter della US Navy. Scafo trimarano, sistema di lancio verticale per missili, eliporto per droni, 420 tonnellate di dislocamento e una lunghezza tra i 58 e i 60 metri: roba che rende obsoleto il concetto stesso di nave militare con equipaggio. Grazie a mezzi come questo, la Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLAN) può estendere il proprio dominio marittimo senza rischiare vite umane, spingendosi oltre il Mar Cinese Meridionale, dove già ora le dispute territoriali sono più incandescenti di un reattore nucleare.

LA NUOVA MINACCIA: SOTTOMARINI SENZA EQUIPAGGIO

Se la guerra sui mari è già in corso, quella sotto le onde sta per raggiungere livelli da Guerra Fredda 2.0. Naval News ha rivelato recentemente la scoperta di un nuovo sottomarino senza equipaggio cinese, ancora classificato come segreto. Le stime parlano di un mezzo lungo 45 metri e largo 5, con grandi timoni a forma di X e senza torretta. In termini semplici: un veicolo subacqueo extra-large (XLUUV), capace di operazioni stealth di lunga durata e privo di equipaggio, quindi sacrificabile.

Se confermato, sarebbe il più grande mai costruito al mondo: 6-8 volte più grande dell’Orca XLUUV della Marina USA. Perché conta? Perché un sottomarino di queste dimensioni può trasportare carichi bellici devastanti senza il rischio di perdere uomini, destabilizzando l’equilibrio del potere navale nel Pacifico.

Gli Stati Uniti hanno costruito la loro egemonia navale con la logica della deterrenza, forti della certezza che nessuno potesse competere con loro. Oggi la Cina non solo compete, ma rischia di vincere la gara. Il concetto di talassocrazia – il dominio dei mari – sta cambiando volto, e Pechino ha le idee chiare: chi controlla le rotte marittime, controlla il mondo.

La storia, come sempre, ci insegna che chi si sente invincibile è destinato prima o poi a inciampare. E a giudicare dalla velocità con cui i cantieri navali cinesi stanno sfornando navi, forse a inciampare, questa volta, saranno le vecchie potenze dell’Occidente.

 

 

 

 

di Massimo Reina 

 

C'è qualcosa di perversamente affascinante nell'ascoltare le nazioni occidentali impartire sermoni sul rispetto dei diritti umani mentre dietro di loro, fumano le macerie di Gaza. È un po' come se Hannibal Lecter scrivesse il manuale della dieta vegetariana: un esercizio di retorica così ipocrita da rasentare l'arte.

 

di Massimo Reina

 

È sempre lui, il Donald: l’uomo del “faccio come voglio” che stavolta punta il dito contro i laboratori, quei templi della scienza dove il confine tra progresso e follia è sottile come il filo di un rasoio. L’ultima trovata? Un ordine esecutivo per sospendere i finanziamenti federali alla ricerca “gain-of-function”. Tradotto: niente più soldi pubblici per manipolare virus e renderli più potenti, almeno finché lui è al timone.

 

di  Monica Vendrame 

 

A pochi giorni dalla 75esima edizione del Festival di Sanremo, la Rai ha deciso di fare un passo decisivo presentando ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar della Liguria, che aveva giudicato illegittimo l’affidamento diretto dell’organizzazione del Festival della Canzone Italiana alla tv di Stato. La Rai sostiene che il Festival e il suo format siano inseparabili dal marchio Rai, affermando che Sanremo non esisterebbe senza la sua regia televisiva.

 

di Massimo Reina

 

Quando si dice tempismo. Jared Kushner, il talentuoso investitore con il suocero giusto, ha deciso che la tregua tra Israele e Hamas fosse il momento perfetto per entrare in affari con una finanziaria israeliana legata a doppio filo con gli insediamenti illegali in Cisgiordania e sulle Alture del Golan. Perché il caro Jared, oltre a essere stato il consigliere senior di Trump, è anche un filantropo della geopolitica: lui, gli insediamenti e l’energia rinnovabile sulle terre occupate, tutti insieme appassionatamente per un futuro sostenibile. Per Israele, ovviamente.

 

di  Monica Vendrame 

 

Una storia di ossessione e tormento ha portato una donna di 72 anni davanti al tribunale con l’accusa di stalking nei confronti di un sacerdote di 55 anni. Per ben sei anni, la donna ha seguito il religioso in ogni città in cui cercava rifugio, tentando di sfuggire alla sua insistenza. Da Padova a Bologna, fino a Genova, l'uomo ha cercato di sottrarsi alla persecuzione, ma senza successo.