Votare non è mai un gesto neutro. Dietro ogni "sì" o "no" si celano valori, esperienze, visioni del mondo. Dopo il dibattito sulla cittadinanza e le tutele crescenti, è ora il momento di affrontare unadelle questioni più sentite in ambito lavorativo: la disciplina dei licenziamenti nelle piccole imprese.
di Monica Vendrame
Il secondo quesito del referendum dell’8 e 9 giugno 2025 propone di abrogare parzialmente l'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, che disciplina l'indennità spettante ai lavoratori licenziati senza giusta causa o giustificato motivo nelle imprese con meno di 16 dipendenti.
Votare “Sì” significa voler abrogare le parti della norma che stabiliscono un tetto massimo all'indennità e le maggiorazioni legate all'anzianità di servizio.
Votare “No” significa mantenere la disciplina attuale.
Attualmente, nelle imprese con meno di 16 dipendenti, se un lavoratore viene licenziato senza giusta causa o giustificato motivo, ha diritto a un'indennità compresa tra 2,5 e 6 mensilità dell'ultima retribuzione. Inoltre, la legge prevede che questa indennità possa essere aumentata fino a 10 mensilità per i lavoratori con oltre 10 anni di anzianità e fino a 14 mensilità per quelli con oltre 20 anni di servizio.
Se il referendum venisse approvato, verrebbero eliminate le parti della legge che stabiliscono il tetto massimo dell'indennità e le maggiorazioni legate all'anzianità. Questo significherebbe che, in caso di licenziamento illegittimo, il giudice potrebbe determinare l'indennità senza limiti predefiniti, valutando caso per caso.
Le ragioni del SÌ
Chi sostiene l’abrogazione ritiene che:
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L'attuale sistema limita la discrezionalità del giudice, impedendo una valutazione adeguata del danno subito dal lavoratore.
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L'eliminazione del tetto massimo rafforzerebbe la tutela dei lavoratori nelle piccole imprese, spesso più vulnerabili.
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Una maggiore indennità potrebbe avere un effetto deterrente contro i licenziamenti ingiustificati.
Le ragioni del NO
Chi vuole mantenere la legge del 1966 sostiene che:
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Le piccole imprese hanno risorse limitate e un aumento delle indennità potrebbe metterne a rischio la sopravvivenza.
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Il sistema attuale offre un equilibrio tra tutela del lavoratore e sostenibilità per l'impresa.
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L'eliminazione dei limiti potrebbe portare a incertezza giuridica e a un aumento del contenzioso
Questo quesito non riguarda solo il diritto del lavoro, ma tocca la visione della società che si vuole promuovere.
Da un lato c’è chi crede che senza limiti predefiniti, il giudice possa garantire un risarcimento più equo al lavoratore licenziato ingiustamente.
Dall’altro, chi pensa che le piccole imprese debbano essere protette da oneri imprevedibili che potrebbero comprometterne l'esistenza.
In gioco, ancora una volta, c’è un delicato equilibrio tra diritti e sviluppo economico. E ciascun elettore è chiamato a decidere da che parte stare.
Questo quesito mette a confronto due valori legittimi: il diritto del lavoratore a un risarcimento adeguato e la necessità delle piccole imprese di operare in un contesto normativo prevedibile. Una buona legge dovrebbe garantire tutele reali senza ostacolare chi crea lavoro.
Non si tratta di scegliere tra lavoratori e imprenditori, ma di costruire regole che diano forza a entrambi. E questo referendum ci chiede esattamente questo: trovare un equilibrio più giusto.