Referendum 2025 – Capitolo 1
“Sì o No? Le domande dietro le domande”
di Monica Vendrame
Votare non è mai un gesto neutro. Dietro ogni “sì” o “no” si nascondono valori, paure, esperienze.
In vista dei referendum dell’8 e 9 giugno 2025, vale la pena esaminare ogni quesito con attenzione e spirito critico.
Il primo che analizziamo riguarda la cittadinanza italiana, una questione che tocca l’identità profonda del Paese e il rapporto tra accoglienza e appartenenza.
Uno dei sei referendum abrogativi propone di modificare la legge n. 91 del 1992, riducendo da 10 a 5 anni il tempo minimo di residenza legale in Italia richiesto a uno straniero extracomunitario per ottenere la cittadinanza italiana.
Attualmente, per presentare domanda di naturalizzazione, è necessario aver vissuto nel Paese per almeno dieci anni, in modo continuativo e regolare. Il referendum mira ad abrogare questa soglia, dimezzando l’attesa.
La norma vigente fu concepita in un’Italia diversa, ancora prevalentemente terra di emigrazione. Oggi lo scenario è cambiato: l’Italia è un Paese di immigrazione, con milioni di persone che vivono stabilmente sul territorio.
Ottenere la cittadinanza resta tuttavia un percorso complesso, lungo e spesso frustrante, anche per chi lavora, paga le tasse e cresce figli italiani.
Il dibattito non si esaurisce in una questione di anni, ma investe il concetto stesso di integrazione.
Molti cittadini italiani, specie nei grandi centri urbani, osservano una realtà dove la convivenza non è sempre armoniosa.
In città come Genova, non è raro imbattersi in comunità chiuse, simboli religiosi estremi e scarso uso della lingua italiana. Questo genera insofferenza e perplessità, soprattutto quando non si intravede un vero desiderio di far parte della società italiana.Per questo, c'è chi ritiene corretto mantenere i dieci anni, come soglia minima per valutare il grado di integrazione effettiva.
Il quesito solleva una domanda centrale: che cosa significa essere italiani? È sufficiente risiedere in Italia per un certo periodo o serve qualcosa di più? Il diritto alla cittadinanza comporta doveri oltre che diritti. Non tutti gli stranieri residenti sembrano pronti ad abbracciare le regole, i valori e la cultura del Paese che li ospita.
Allo stesso tempo, però, esistono persone pienamente integrate che da anni attendono un riconoscimento formale del loro legame con l’Italia.
Si calcola che oltre 2,5 milioni di persone potrebbero beneficiare della modifica, tra cui circa 500.000 minori.
Il referendum non garantisce automaticamente la cittadinanza, ma rende più breve il tempo minimo per farne richiesta, lasciando invariati i criteri qualitativi (assenza di reati, conoscenza della lingua, reddito).
Il quesito sulla cittadinanza non divide in modo netto tra destra e sinistra, ma tra due idee diverse di comunità:
Chi vuole tutelare l’identità nazionale e i suoi valori condivisi,
Chi vede nella cittadinanza uno strumento per promuovere l’inclusione.
La decisione, in fondo, riguarda che tipo di Paese vogliamo essere: più prudente o più aperto? Più identitario o più pluralista?
Il voto è una risposta, ma prima ancora, è un’occasione per interrogarsi.