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di Giovanni Macrì

Non ci troviamo di fronte ad Abramo che per dimostrare la sua fede a Dio, è pronto a uccidere il figlio Isacco (Genesi 22,1-18), bensì a una mente malata che attesta ancora una volta che l’uomo è maledettamente corruttibile e prostrandosi davanti al “dio denaro”, cadendo in una sorta di deliquio, non esistono più valori, non esistono principi… non esiste più la famiglia.

Ecco che Diego Gugole, 25 anni, davanti a una somma di 800mila euro riesce a compiere il più brutale degli omicidi, sparando al padre e alla madre.

Affermerà agli inquirenti che voleva quei soldi per comprarsi una casa e un’auto.

È accaduto a Chiampo (VI) nella mattina di ieri.

Le vittime sono i 60enni Sergio Gugole e Lorenza Zanin.  Due tranquilli genitori che amavano Diego e mai avrebbero potuto sospettare cosa roteava nella mente malata del figlio.

Quello dell’omicida era indubbiamente un piano ben codificato e architettato già da circa un mese.

Ha acquistato a Cologna Veneta (VR) da un cittadino straniero, per la somma di 3800 euro, una pistola semiautomatica calibro 9 di fabbricazione polacca e poi ha messo in essere il diabolico misfatto.

Distaccato, cinico, spietato, gelido, fermo nel suo proposito, incurante e insensibile a tutto ciò che lo circondava, e soprattutto verso coloro cui stava per compiere il macabro gesto… avrebbe prima ucciso il padre intorno alle 10.30 con due colpi sparati alla testa mentre era seduto al tavolo della cucina e poi avrebbe atteso il ritorno della madre, verso le 13.20, per spararle ben quattro colpi a tradimento.

Tra il due delitti, in maniera lucida, si è preoccupato di trasferire 16 mila euro dal conto corrente del padre al suo.

Nel pomeriggio va addirittura a portare tale somma, come caparra, all’impresa edile presso la quale voleva acquistare un immobile di Arzignano (VI).

Quindi va a fare compere: vernici e pennelli che dovevano servirgli per cancellare gli schizzi di sangue dalle pareti e anche teli per “imbustare” i corpi ormai esanimi dei due genitori. Dopo averli ammazzati ha anche tentato di nasconderne i cadaveri nella vecchia abitazione disabitata dei nonni, ormai deceduti, sita al piano terra del condominio dove abitava.

Ma verso le ore 21:00, ecco che nel piano diabolico del ragazzo interviene il “fattore X”. Un’amica della madre, vicina di casa, chiama Diego chiedendogli del perché i suoi genitori non rispondessero né al telefono e né al citofono. Ecco che nella sua mente malata compare il dubbio del fallimento del suo piano “perfetto” e che inizia a roderlo forse insieme al tarlo del senso di colpa. “Sono partiti per un viaggio!” - le ha risposto, prima di entrare in un bar.

Ha spiegato agli inquirenti: “Avevo sete, sono entrato e ho ordinato una Coca Cola. C’era la televisione, davano la partita e sono rimasto per un po’ lì, a guardare la Champions!”.

Ma man mano che il tempo passava, il giovane realizzava che era inutile sperare di farla franca… prima o poi l’assenza dei due coniugi sarebbe stata notata e avrebbero preteso da lui quelle spiegazioni che non era di certo in grado di dare e che quindi l’unica via d’uscita fosse quella andare dai Carabinieri e raccontare tutto.

Forse in preda a un rimorso, un lumicino di ravvedimento o solo perché proprio il pensiero che non ci sarebbe voluto molto da parte degli inquirenti a chiudere il cerchio intorno a lui, su quello che di brutale aveva commesso, con la sua auto vaga per ore, per poi, nella notte, costituirsi presentandosi in una caserma dei Carabinieri a Vicenza e confessando il duplice omicidio.

Quando gli investigatori sono entrati in casa grazie anche all’intervento dei pompieri, che hanno aperto la porta, hanno trovato i due cadaveri, l’arma e i sacchi comprati nel pomeriggio. 

La procura di Vicenza ha disposto il fermo di indiziato di delitto per il giovane per il reato di omicidio pluriaggravato dei genitori.

E proprio questo duplice omicidio non può che riportaci alla mente il triste gesto del 19enne Pietro Maso, quando il 17 aprile 1991 nel comune di Montecchia di Crosara in provincia di Verona, aiutato da tre amici, Giorgio Carbognin, Paolo Cavazza e Damiano Burato, uccise entrambi i suoi genitori, Antonio Maso e Mariarosa Tessari al fine di appropriarsi della sua parte di eredità. Confessando il macabro delitto due giorni dopo, messo alle strette dagli inquirenti.

Ma inevitabilmente il caso ci riporta anche al caso di Roberto Succo, il serial killer di Mestre, che nel 1981, all’età di 19 anni uccise entrambi i genitori: il padre lo finì a colpi d’ascia, la mamma affogandola nella vasca da bagno.

O anche a quello del 23enne Giampaolo Rossetto, che nel luglio del 1991 uccise all’alba la mamma Maria Grazia Scarpa (48 anni). Agli inquirenti giustificò il terribile gesto con: “L’ho ammazzata perché mi tormentava, era troppo possessiva. Ho perso la testa, non potevo più vivere così!”. L’omicida, dopo l’assassinio, diede fuoco all’appartamento che condivideva con la donna, un’impiegata comunale, cercando di costruirsi un alibi.

Come asserisce il prof. Marino D’Amore, criminologo e docente presso l’Università Niccolò Cusano: “Queste situazioni rappresentano un tipico caso di ostentazione anaffettiva e deresponsabilizzata rispetto all’atto compiuto. Questi soggetti sono persone incapaci di gestire le normali dinamiche relazionali di un individuo, ma soprattutto non sanno riconoscere le emozioni che provano e non riescono a decodificare quelle altrui. Tale condizione portata alle estreme conseguenze, ha relegato gli altri individui, in questo caso i genitori, a semplici ostacoli da eliminare per il raggiungimento del proprio irrinunciabile obiettivo, cioè l’eredità!”.

Sicuramente tutte menti malate che nascondevano un disperato bisogno d’aiuto. Bisognava solo cogliere i segni prima del compimento dell’efferato gesto.

(foto web)

 

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Info Autore
Giovanni Macrì
Author: Giovanni Macrì
Biografia:
Medico chirurgo-odontoiatra in Barcellona Pozzo di Gotto (ME) dal 1982 dove vivo. Ho 65 anni e la passione per la scrittura è nata dal momento che ho voluto mettere nero su bianco parlando della “risurrezione” di mia figlia dall’incidente che l’ha resa paraplegica a soli 22 anni. Da quel primo mio sentito progetto ho continuato senza mai fermarmi trovando nello scrivere la mia “catarsi”. Affrontando temi sociali. Elaborando favole, romanzi horror, d’amore e polizieschi. Non disdegnando la poesia in lingua italiana e siciliana, e completando il tutto con l’hobby della fotografia. Al momento ho 12 pubblicazioni con varie case editrici.
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