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di Giovanni Macrì

I carabinieri del Ros sono entrati in azione con il supporto di quelli del Comando provinciale di Palermo e dello Squadrone Cacciatori Sicilia portando, su un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Palermo nei confronti di Giuseppe Guttadauro, detto “’u dutturi”, l’uomo agli arresti domiciliari. Il Guttadauro, già primario dell’Ospedale Civico della stesso capoluogo siciliano, in passato era stato coinvolto nell’inchiesta sulle talpe alla Dda in cui fu anche indagato l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro.

Oggi, secondo l’accusa il Guttadauro guardava oltre i confini del Paese, pianificando l’arrivo di droga, “hashish”, dall’Albania e “cocaina” dal Sud America.

Nel fascicolo c’è anche un documento sul presunto intervento del Guttadauro per risolvere dei conflitti sorti a Palermo sull’esecuzione di alcuni lavori da realizzare in un’importante struttura industriale nella zona di Brancaccio. Come pure, si legge, che l’organizzazione avrebbe potuto contare su la connivenza di un assistente di volo, in rapporti con Guttadauro, che avrebbe dovuto trasportare 300mila euro in Brasile nel momento in cui il carico di droga dal Sud America fosse arrivato in Olanda.

Si legge anche che il Guttadauro sarebbe intervenuto, con la promessa di un lauto compenso, per risolvere un contenzioso da circa 16 milioni di euro che una ricca donna romana aveva con un istituto bancario, prospettando la possibilità di usare la violenza tramite un incaricato se il suo intervento non fosse riuscito a dirimere la vicenda.

È stato invece tratto in carcere il figlio, il 33enne Mario Carlo Guttadauro, pure lui con la fedina macchiata da una condanna per mafia. Entrambi sono ritenuti appartenenti alla famiglia di Cosa nostra di Palermo-Roccella, inserita nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli, non disdegnando di operare al contempo nel mandamento mafioso di Villabate-Bagheria.

E proprio attraverso il figlio, che “u dutturi”, dopo essere stato arrestato per mafia nel maggio del 2002 nell’ambito dell’operazione “Ghiaccio” (poi scarcerato nel 2012), avrebbe mantenuto i contatti con l’organizzazione mafiosa. Dopo la sua scarcerazione il medico, che abitava a Roma dove ufficialmente faceva solo volontariato, continuava nel suo intento criminale partecipando e organizzando summit mafiosi.

Insieme ai due Guttadauro, sono solo indagate, non destinatarie di provvedimenti cautelari, altre cinque persone: cinque palermitani di cui tre ritenuti essere affiliati alla famiglia di Palermo-Roccella e due, in concorso con Mario Carlo Guttadauro, indagati per lesioni aggravate.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo hanno documentato le attività messe in atto da Giuseppe Guttadauro, che tra l’altro ha una “parentela acquisita” importante: il fratello Filippo, infatti, è cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro.

Sono stati spiati e intercettati come in un film poliziesco… come è giusto che sia anche nella realtà.

Il medico “boss” nel suo salotto romano elaborava strategie mafiose e politiche, ricevendo anche fior di professionisti.

Dalle intercettazioni ambientali, ad opera dei carabinieri, emerge come il Giuseppe desse al figlio Mario Carlo le direttive da seguire.

Spiegava, infatti, che bisognava evolversi, rimanendo sempre però ancorati ai principi di Cosa nostra… “Ti devi evolvere, hai capito? Il problema è: rimanere con quella testa... ma l’evoluzione! Non puoi scendere al livello dei picciuteddi, non va bene. Devi metterti a un livello diverso!”..

Si lamentava inoltre con questi degli altri affiliati: “Non hanno personalità, possono fare solo lavoretti!” - raccomandando - “Incontra meno persone possibili, se ti fermano devi dire che sei uno studente e basta!”. Poi, riferendosi al boss Totò Riina, seguitava: “Quello una bestia era, e ha combinato quel fatto… è finita, ha distrutto tutte cose!”. Mentre il figlio, dal canto suo, rispondeva: “Doveva nascere un altro scienziato, deve nascere... ci vuole uno scienziato vero per riordinare i giocattoli!”.

Poi, il padre, riferendosi all’ex boss di Villabate (PA), Francesco Colletti, che tratto in arresto nell’operazione, a dicembre 2018 nell’ambito dell’operazione “Cupola 2.0, aveva deciso, dopo pochi giorni, di collaborare con i magistrati, affermava: “Questo capo di tutto, neanche un giorno di carcere si è fatto e si è già pentito, ma di che stiamo parlando?”.

Quindi gli raccomandava, visto il clima: “Mario, ora che scendi fregatene di tutti!”.

E facendo riferimento al fatto che dopo il pentimento del Coletti anche Filippo Bisconti, ex boss di Belmonte Mezzagno, si era pentito, consigliava al figlio di non preoccuparsi: “E certo, se questo che si è pentito li conosce a tutti se li raccolgono ora, perché ti dico lasciali fare in culo... A te non ti conosce nessuno, Mario, e neanche sanno niente di te questi di fuori perché Filippo Bisconti può dire che io ero, ha che non mi vede un secolo, ma tu ti vai a prendere... Loro lo sanno che tu ti vai a prendere gli affitti delle case, sanno tutte cose!”.

Poi, ancora, parlando di un arrivo di stupefacenti a Rotterdam, affermava: “Questi salgono 100 chili al mese. Allo scarico funziona così. Ci sono i doganieri, che prendono il 25%!”.

Erano queste le lezioni di “mafia, le precise direttive che il Giuseppe Guttadauro dava al figlio Mario Carlo, considerato a Palermo, come sostiene la Procura, l’alter ego del padre.

Si legge in una nota rilasciata dal Comune di Bagheria: "L’Amministrazione comunale si congratula con i carabinieri per la brillante operazione che ha assicurato alla giustizia il boss mafioso e suo figlio. Siamo accanto alle forze dell’ordine ed in particolare impegnati anche come amministrazione pubblica a combattere la presenza della droga tra i nostri giovani e pronti a costituirci parte civile nel processo!".

(foto web)

 

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Info Autore
Giovanni Macrì
Author: Giovanni Macrì
Biografia:
Medico chirurgo-odontoiatra in Barcellona Pozzo di Gotto (ME) dal 1982 dove vivo. Ho 65 anni e la passione per la scrittura è nata dal momento che ho voluto mettere nero su bianco parlando della “risurrezione” di mia figlia dall’incidente che l’ha resa paraplegica a soli 22 anni. Da quel primo mio sentito progetto ho continuato senza mai fermarmi trovando nello scrivere la mia “catarsi”. Affrontando temi sociali. Elaborando favole, romanzi horror, d’amore e polizieschi. Non disdegnando la poesia in lingua italiana e siciliana, e completando il tutto con l’hobby della fotografia. Al momento ho 12 pubblicazioni con varie case editrici.
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