Colors: Orange Color

 

di  Massimo Reina 

L’altro giorno su Rai3, all’interno di un programma in cui si parlava delle recetissime elezioni americane un’ospite in evidente crisi da bile per la sconfitta della “sua” candidata Kamala Harris, si sfogava annunciando catastrofi e presunti conflitti d’interesse della nuova amministrazione Trump, e contro la “finta attenzione” alle questioni green di quest’ultimo.

La signora, in colegamento video, propinava così agli spettatori una sequela di informazion false, speculazioni e corbellerie tali da lasciare a bocca aperta l’ascoltatore, almeno quello mediamente informato, incredulo probabilmente idi asssistere allo sproloquio di una persona che o mentiva sapendo di farlo, o era (ed è) totalmente sconnessa dal mondo reale come spesso capita ai cosiddetti radical chic.

Perché altre spiegazioni si fa fatica a torvarle, specie se si vuole fare davvero informazione, imparziale. Perché in quel caso non solo si doveva evitare di dare quelle fake news, ma si doveva ricordare che gli scheletri nell'armadio politico si addensano ormai da tempo in ogni colore della bandiera americana. E a riempire l'armadio, finora, ci hanno pensato più di tutti proprio gli i DEM e i loro amici.

Disinformazione Made in RAI: i conflitti di interesse di Sleepy Joe

Prima che le invettive contro Trump dilaghino come di consueto, torniamo indietro di appena qualche mese, all’amministrazione Biden, che tra promesse verdi e proclami democratici, è riuscita a intrappolare più “interessi privati” di quanti se ne trovino in una finanziaria di Natale. Un gioco di prestigio, in cui vecchi amici di banche, fondi, ONG e difesa venivano incasellati nei punti di comando, ricavandosi un biglietto di sola andata per decisioni strategiche. Con una mano promuovevano riforme e salvataggi, con l’altra sostenevano silenziosamente i loro ex-colleghi, lasciando aperto il portafoglio delle casse pubbliche e le porte dei contratti federali.

Ecco, allora, dieci casi concreti di conflitti di interese. Dieci esempi che non solo contraddicono l'immagine immacolata del democratico Biden, ma che sono serviti a ricordarci una volta di più come gli intrecci tra denaro e politica siano il pane quotidiano della vecchia democrazia americana, democratica o repubblicana che sia.

 

Vi proponiamo un'analisi impeccabile - post elezioni americane - di Arnaldo Vitangeli, uno dei giornalisti più preparati  dell'informazione italiana. In questo video Vitangeli esamina in maniera positiva la vittoria di Trump e la possibile influenza sull'andamento della situazione nell' Unione Europea. Nella maggior parte dei canali di informazione libera si parla prevalentemente di possibili scenari catastrofici... 

La Redazione 

 

di  Lorenzo Rossomandi

 

Dopo “USA 24”, è tempo di riflessioni.
La domanda è d’obbligo: l’avvento della destra estrema nei paesi occidentali affonda le proprie radici solo nell’ignoranza e nella poca cultura del popolo?
Forse.
Ma, francamente, credo che non possa essere il solo elemento che l’ha causato.
A mio avviso ci sono anche altre innumerevoli cause che hanno permesso che alcune persone abbiano scelto ciò che a molti sembra il peggio del peggio.

 

di  Gabriella Paci

 

Sempre più spesso capita di vedere personaggi del mondo dello spettacolo o del calcio con dei vistosi tatuaggi: moda questa diffusissima tra i giovani e i giovanissimi.

Cosa è

Il nome “tatuaggio“ deriva dal francese tatouage, a sua volta dal verbo tatouer, e questo dall’inglese tattoo (da tatau della Samoa). Si tratta di una decorazione corporea fatta in nero o a colori che si ottiene attraverso incisioni sulla pelle ritardandone la cicatrizzazione e introducendo nelle ferite sostanze coloranti.

ll tatuaggio occidentale viene invece eseguito tramite una macchinetta elettrica, cui sono fissati degli aghi in numero vario a seconda dell'effetto desiderato; il movimento della macchinetta permette l'entrata degli aghi nella pelle, i quali depositano il pigmento nel derma.

 

di  Lorenzo Rossomandi

 

No! Con lui no, perché è “Frogio”.
Fu su queste parole che scoppiarono delle fragorose risate.
Nessuno si curava del fatto che il ragazzo non volesse che gli venisse assegnato come compagno di tenda un “frogio”... perché palesemente effemminato.
Fermiamo il racconto...

 

di Massimo Reina

 

L’ufficialità è arrivata ieri: Israele ha deciso di abrogare l’accordo del 1967 con l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA), l’organismo che da oltre mezzo secolo garantisce assistenza ai profughi palestinesi. Una mossa che ha il sapore del passo irreversibile verso una deriva sempre più autoritaria. Negli ultimi anni, la traiettoria di Israele è cambiata in maniera preoccupante: quella che era considerata una democrazia occidentale solida sta ora assumendo sembianze allarmanti, avvicinandosi pericolosamente a un modello politico che richiama quello di paesi ben lontani dai valori democratici, come l'Iran.