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di Alessandro Porri 

In questo periodo storico dove i valori ed il rispetto per la libertà del prossimo sembrano essere tornati indietro di decenni, dove ci sentiamo quasi obbligati a dire forzatamente “sì” ad ogni tipo di prevaricazione che ci viene imposta, vorrei ricordare un uomo speciale che ha saputo tenere fede ai suoi valori e alla sua storia senza timore alcuno tenendo testa forse all’uomo più malefico che la storia ricordi: Adolf Hitler. Matthias Sindelar, questo è il suo nome, la sua vita è stata letteralmente un romanzo ed è proprio con il linguaggio discorsivo di un romanzo che voglio raccontare a chi non la conosce la sua vita.

 

 

IL BAMBINO CHE GIOCAVA SUL PRATO ROSSO

 

Vienna 1998, febbraio.

Papà, oggi a scuola l’insegnante di storia ci ha chiesto se conoscessimo il motivo per cui era stato scelto il nome che portiamo, se fosse legato a qualche personaggio famoso, al ricordo di un parente caro o magari semplicemente perché a voi piaceva come suonava pronunciato insieme al cognome”. chiese Matthias.

                 “Effettivamente Matthias Steiner fa la sua bella figura non credi?” Rispose Thomas padre del ragazzo.

                “Dai papà, dico seriamente. Devo scrivere un testo sulla persona che vi ha ispirato”.

                “E se fosse per il solo gusto estetico? Ti eviteresti il compito?”

                 “Sai non ci avevo pensato, effettivamente…”

                 “Rilassati figliolo perché non è il tuo caso, credo che ne avrai di cose da scrivere.”

               “Bene, sai sono molto curioso, non avevo mai pensato a questa cosa, in un certo senso è un po’ come conoscere a                    chi dover ispirarsi, mi intriga molto, è come avere una sorta di modello di riferimento, forte, dai dimmi tutto.”

Senza troppi giri di parole Thomas “sparò” un nome diretto, altisonante ma inizialmente poco comprensibile per il ragazzo specialmente perché stiamo parlando di un ragazzo austriaco.

            “Il tuo nome è stato scelto in onore di Mozart!” esclamò fiero il padre del ragazzo, che così facendo si aspettava una reazione stupita del figlio che infatti puntualmente si presentò.

            “Papà siamo in Austria, non in Australia e tra l’altro anche laggiù credo che tutti sappiano che il grande Mozart si chiamasse Amadeus, se vogliamo essere poi estremamente precisi Wolfgang Amadeus Mozart non certo Matthias”.

            “Mi aspettavo questa tua reazione, sei troppo giovane per capire ma devi sapere che in Austria le persone della mia generazione e quella ancora prima della mia hanno amato in modo viscerale un calciatore, un genio assoluto ma che prima di ogni altra cosa era un uomo eccezionale. Lui ha saputo resistere alle lusinghe naziste e a quelle di Hitler in persona urlando un fiero e inequivocabile NO all’uomo che in quel momento era forse il più potente al mondo, pagando questa scelta con la vita.

             “Voglio sapere tutto, raccontami ti prego anche se sinceramente ancora non riesco a capire cosa c’entri Mozart”:

             “Il suo nome era Matthias Sindelar da tutti conosciuto come il Mozart del pallone!

Ogni mattina, alle prime luci del giorno, il poco più che bambino Matthias Sindelar si recava presso un’officina per poter guadagnare qualcosa che avrebbe permesso di vivere alla madre ed alle tre sorelle, lui orfano di padre si era caricato sulle spalle, con grande maturità, questo enorme fardello. La scarsità di cibo e il lavoro minorile gli avevano impedito di sviluppare un corpo possente facendolo rimanere minuto e solo apparentemente fragile. La poca energia che gli rimaneva alla fine del turno la incanalava in quella che era la sua passione, il calcio. A volte si fermava a giocare da solo calciando contro il muro quel pallone sgonfio, recuperato nella spazzatura che aveva sostituito quello artigianale fatto di stracci. Capitava poi che insieme ad altri bambini si improvvisassero partite interminabili sottolineate dalle cronache a voce alta dello stesso Matthias dove era costantemente lui ad andare in gol seminando gli avversari. Tornato a casa, spesso c’erano sonori rimproveri ad attenderlo visto che era solito presentarsi completamente sporco di sabbia rossa, no, non era quella di spiagge caraibiche ricoperte da polvere di corallo ma più semplicemente scarichi di lavorazione di una fabbrica di mattoni che fiancheggiava il prato dove i ragazzini giocavano. Quel pallone diventerà per il minuto talento una manna dal cielo, una svolta insperata per la sua difficile vita, gliela cambierà completamente anche se forse sarà proprio quella passione che lo condannerà ad una precoce morte.

Un giorno, Karl Weimann, il suo maestro elementare, con un passato da giocatore dilettante ed arbitro, si trovò a passare mentre nel prato dall’erba rossa Matthias dava sfoggio della sua immensa classe. Non gli ci volle molto a capire che quel ragazzino dagli occhi azzurri aveva un talento al di fuori del normale per il gioco del calcio. Lo accompagnò dai dirigenti dell’Herta, una piccola realtà locale dove si farà le ossa nei primi anni per poi passare alla corte della prestigiosa Amateur Winer l’attuale e nobile Austria Vienna. Qui trovò una figura fondamentale che per certi versi sostituì quella paterna praticamente mai conosciuta, il presidente Michl Schwarz.

              “hai capito ragazzo di chi porti il nome, dovresti esserne fiero ed orgoglioso.” disse Thomas.

             “Lo sono papà, veramente. Però dai continua a raccontarmi, non mi hai ancora spiegato perché lo chiamassero Mozart, come nasce questa cosa e poi cosa intendevi per il NO urlato in faccia al nazismo di Hitler?” chiese Matthias.

          “Aveva talmente un fisico minuto che i compagni di squadra lo chiamavano scherzosamente “carta velina”. Vederlo giocare però era un autentico spettacolo, la sua agilità, la sua capacità di saltare gli avversari come birilli, sembrava rimanessero letteralmente incantati e da qui il soprannome che cambiò in “flauto magico.

             “Eccoci arrivati a Mozart!” disse soddisfatto e attento Matthias

             “Esattamente, da lì a poco per tutti, tifosi e giornalisti divenne Mozart”.

             “Raccontami ancora.”

        “Beh, divenne il fulcro della sua squadra di club ma soprattutto della nostra nazionale. Mai come in quel periodo l’Austria si  fece rispettare in campo mondiale. Cosa importante poi non dimenticò mai le sue umili origini, andava spesso in aiuto dei poveri di Vienna, donava biglietti per lo stadio specie ai bambini, ascoltava lirica, era un uomo dalla grande cultura che sapeva frequentare sia i salotti importanti che i luoghi più degradati.

            “Pensa Pà già mi hai fatto innamorare di questo uomo ed ancora devi raccontarmi quello che credo sia il capitolo più                   bello e intenso della sua vita, il suo rifiuto al potere, non penserai mica di evitartelo eh!

In quel momento Thomas, che da alcuni minuti dava le spalle al ragazzo per scaldarsi al camino, si voltò e vide il figlio seduto al tavolo intento a scrivere “in diretta” tutto quello che lui raccontava.

            “Hai capito, praticamente il compito lo sto facendo io…

            “Ma papà sto solo prendendo degli appunti per paura di sbagliare qualcosa. Non vorrei che qualcuno potesse pensare che mio padre mi abbia dato informazioni sbagliate, lo sto facendo esclusivamente per te.

            “Confermo, solo appunti nulla più, ah ah!” Aggiunse Miriam, la mamma del ragazzo che da qualche minuto si era seduta in silenzio ad ascoltare le interessanti parole del marito.

            “L’unione fa la forza eh, anche se mi fa piacere che vi stiate appassionando a questa storia. Naturalmente, caro ragazzo, tua madre conosce molto bene tutta la vicenda visto che il nome lo abbiamo scelto insieme anche se lei era rimasta più colpita dall’aspetto romantico della vicenda.”

          “Ora abbiamo anche l’aspetto romantico? Di quello posso fare anche a meno, raccontami invece questa cosa di Hitler dai papà.”

            “E ma sai Matthias le due cose sono estremamente collegate, giusto caro ricordo bene?” disse Miriam al marito.

Era l’estate del 1934 quando un’entrata assassina dell’italiano Monti, fermò nell’unico modo possibile, la corsa inarrestabile di Sindelar. Era la semifinale del campionato del mondo che si stava disputando in Italia, mai l’Austria era arrivata così avanti in una competizione mondiale e questo tutto grazie al suo Mozart. Il menisco ne fece le spese ed un menisco danneggiato a quei tempi voleva dire fine carriera per ogni essere umano ma non per il flautista magico. Lui era fatto di una materia che dell’umano aveva poco e così decise di sottoporsi ad un intervento sperimentale che avrebbe potuto addirittura impedirgli di camminare ma che invece gli consentì di tornare a giocare e vincere la coppa Mitropa con la sua squadra di club due anni dopo. Proprio durante il suo ricovero milanese una giovane italiana, Camilla Castagnola, appassionata di calcio andò a trovarlo. Fu subito amore, un amore che li vide uniti fino alla loro tragica morte.

Rinfrancato per la forma fisica ritrovata si apprestava felice a volare sui campi di Francia per i mondiali del 1938 e prendersi così la giusta rivincita, ma purtroppo la sua Austria si estinse prima di quella data. L’espansione della Germania nazista aveva annesso anche la nazione viennese e con essa l’dea di una super squadra formata dalla fusione dei giocatori delle due compagini, il tutto sotto il simbolo della svastica stampato sul petto. Un colpo al cuore per l’idealismo romantico di Matthias ed una preoccupazione crescente nei confronti dell’ebrea Camilla vista l’applicazione poco prima delle leggi razziali.

           “E scommetto che Mozart si rifiutò di giocare con i tedeschi vero?” chiese fremente Matthias con l’entusiasmo di chi vuole arrivare subito al dunque.

            “Fece anche di meglio. Vennero proprio qui, al Prater in uno stadio pieno di gente, vennero per umiliarci in casa nostra, ma non avevano fatto i conti con il nostro genio. Organizzarono una amichevole tra Germania e Austria, concessero ai nostri calciatori di indossare per l’ultima volta la nostra maglia, ma naturalmente doveva essere una amichevole particolare, pilotata, che avrebbe dovuto vedere vincitrice assolutamente la Germania, insomma una vera farsa.

            “E come andò a finire la partita?

            “La partita si stava concludendo con un pareggio quando Sindelar in barba agli ordini, che sicuramente aveva ricevuto, segnò un gol strepitoso mandando a gambe all’aria i giocatori di mezza Germania ma soprattutto andando a festeggiare proprio sotto la tribuna dei gerarchi nazisti che non la presero assolutamente bene specie all’esplodere del pubblico allo stadio per la stragrande maggioranza austriaco.

            “Che coraggio, da oggi sarà il mio idolo davvero”.

            “Aspetta perché fece dell’altro, infatti, a fine partita quando tutti furono obbligati a fare il saluto nazista solamente lui ed un suo compagno si rifiutarono”.

          “Poi però immagino che fu costretto ad indossare quella orribile maglia con la svastica, che tristezza…” disse con mestizia Matthias

            “Ed invece no, fu questo forse il no più urlato che pronunciò. Quando infatti il commissario tecnico della Germania, Sepp Herberger, mi sembra si chiamasse così, lo convocò passando sopra anche allo smisurato orgoglio nazista lui rifiutò sapendo bene che questa volta lo sgarbo lo avrebbe pagato caro”.

Dal giorno del grande rifiuto, la Gestapo cominciò a marcare stretto il campione e la sua donna, erano continuamente spiati ed il tutto alla luce del sole proprio nel tentativo di logorare i loro nervi. Trascorsero il loro ultimo momento felice festeggiando con pochi amici il Capodanno del 1938. Il 23 Gennaio 1939 il più grande giocatore di calcio austriaco di tutti i tempi venne ritrovato morto insieme alla sua adorata Camilla che morì subito dopo. Erano distesi sul letto, la polizia archiviò immediatamente il caso come morte per asfissia da monossido di carbonio causato da una stufa mal funzionante anche se tutti pensarono che si trattasse di omicidio o suicidio ma in entrambi i casi il carnefice sarebbe stato lo stesso.

        “Devo proprio ringraziare il mio professore, senza questo compito non avrei mai conosciuto questa storia, e soprattutto grazie a voi per avermi dato il nome che porto di cui ora vado così orgoglioso.”

        “Ricorda Matthias non svendere mai i tuoi ideali e le tue idee, mai. La pace è la cosa più bella e sacra del mondo ma a volte c’è bisogno di difendere ciò in cui crediamo e dire un secco no con tutta la forza e la convinzione che abbiamo dentro di noi”. disse Miriam stringendo a sé il figlio da oggi forse un poco più grande.

 

 

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