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di: Annamaria Emilia Verre

Esattamente 100 anni fa, il 4 Novembre 1921, ebbe luogo la traslazione del Milite Ignoto da Aquileia all’Altare della Patria in Roma.

 

La Prima Guerra Mondiale fu un conflitto in cui il numero di corpi non identificati fu enorme. Dopo la Guerra molte furono le Nazioni che vollero onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività nella salma di un anonimo combattente caduto con le “armi in pugno”.

 Il Milite Ignoto, è infatti, un Soldato morto in guerra il cui corpo non è stato mai identificato : Militis sine nomine corpus, il soldato senza il nome della sua salma.  Il Milite Ignoto, come venne definito dalla Professoressa Laura Wittman, era un “corpo mistico”, nel quale ognuno poteva riconoscere il figlio, il padre, il fratello, il marito perdutosi senza averne più notizia.

L’idea di onorare una salma sconosciuta, sulla scorta di analoghe iniziative già attuate in Francia e in altri Paesi coinvolti nella Grande Guerra, in Italia, risale all’estate del  1920 su iniziativa dell’allora colonnello in congedo – successivamente promosso Generale di divisione -  Giulio Douhet.

 In un articolo del 24 agosto 1920 sul giornale “Il Dovere”, testata di riferimento dell’Associazione “Unione Nazionale Ufficiali e Soldati” da lui fondata, scrisse in difesa dei soldati e in polemica con Cadorna, a cui rimproverava alcuni errori strategici nella Grande Guerra e la cocciutaggine nel perseguire obiettivi militari difficilmente raggiungibili.

 In particolare lanciò una proposta:” […] Tutto sopportò e vinse il Soldato. Dall’ingiuria gratuita dei politicanti e dei giornalastri che […]cominciarono a meravigliarsi del suo valore […] alla calunnia feroce diramata per il mondo a scarico di una sensibile responsabilità. Tutto sopportò e tutto vinse, da solo, nonostante. Perciò al Soldato bisogna conferire il sommo onore, quello che nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio […]”.  

L’intendimento di Douhet era quello di alimentare una contro retorica rispetto a quella ufficiale, che invece celebrava il successo italiano come il risultato di una sapiente strategia messa in campo dalle autorità militari e civili, e della quale, in fondo, i soldati del Regio Esercito, tra il 1915 e il 1918, sarebbero stati esclusivamente dei passivi esecutori. Douhet individuò nel Milite Ignoto un accentuato simbolismo, rappresentando, secondo l’ideatore, la transizione metaforica dalla figura del soldato a quella del popolo e infine a quella della Nazione.

 Egli scrisse:” […]Nel giorno in cui la Sacra Salma trionfalmente giungerà al suo luogo di eterno riposo, in quel giorno tutta l’Italia deve vibrare all’unisono, in una concorde armonia d’affetti. […] tutti i cittadini debbono far ala alla via trionfale, unendosi in un unanime senso di elevazione ideale nel comune atto di reverenza verso il Figlio e il Fratello di tutti, spentosi nella difesa della Madre Comune […]”.

A un anno dalla presentazione, per opera dell’Unione Nazionale ufficiali e soldati e della Garibaldi, società dei reduci delle patrie battaglie, la proposta, che rinviava alla “Sepoltura della salma di un soldato ignoto” giunse alla Camera dei Deputati. Il relatore era Cesare Maria De Vecchi, generale, politico e futuro quadrumviro della marcia su Roma. La commissione aveva già identificato nell’Altare della Patria il luogo nel quale tumulare la salma, indicando nel 4 Novembre – anniversario della conclusione vittoriosa della guerra – la data per celebrare la ricorrenza a venire. De Vecchi non risparmiò i toni enfatici per perorare l’opportunità di un tale ricordo quello del “morto che è tutti i morti, che è primo e supremo artefice della nuova storia”. Come ancora:  “Il disegno di legge che il Parlamento discute è frutto del sentimento italico, dolce ed ardente ad un tempo. Deve essere rivendicata ai nostri uomini d’arme la priorità del proposito di trasportare solennemente a Roma i resti di un Caduto ignoto, perché ivi ricevano i più alti onori dovuti a loro e a seicentomila fratelli”.

 L’unica modifica apportata alla proposta del Generale Douhet fu quella relativa al luogo di sepoltura: invece che nel Pantheon, che rimaneva riservato ai sovrani dell’epoca, il Milite Ignoto sarebbe stato inumato all’Altare della Patria al Vittoriano sotto la statua della dea Roma e davanti alla statua equestre di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d’Italia Unita, indicato dalla storiografia come “Padre della Patria”.

 La votazione  a scrutinio segreto, senza che avesse corso un adeguato dibattito parlamentare, proprio per evitare un confronto con le posizioni antimilitariste, sanzionò l’ampia maggioranza di parlamentari favorevoli all’istituzione dell’onoranza al Milite Ignoto.

Venne istituita una commissione, sotto la supervisione del Ministero della Guerra, che avrebbe dovuto individuare undici salme di Caduti al fronte fra le quali designarne una, da tumulare al Vittoriano. I requisiti richiesti erano oltre all’italianità, la non identificabilità, la plausibile appartenenza alle diverse armi, tra cui la Regia Marina e la rappresentatività dei diversi luoghi in cui si era combattuto nel corso dell’intera guerra. Vennero, pertanto, esumati i resti ignoti di undici soldati: da Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare. Si trattava sia di cimiteri militari che di luoghi della memoria, in parte non ancora esplorati.

 Le salme vennero, poi ,trasportate nella Basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921 alla presenza di autorità civili, militari ed ecclesiastiche e di una nutrita delegazione di ex combattenti, mutilati, di madri e di vedove. La scelta della salma a cui dare solenne sepoltura all’Altare della Patria fu affidata a Maria Bergamas, madre di Antonio Bergamas, volontario irredentista di Gradisca d’Isonzo, comune friulano annesso all’Italia solo dopo la guerra, che aveva disertato dall’esercito austroungarico per unirsi a quello italiano.

 Antonio, l’unico figlio maschio di Maria, aveva scritto alla partenza una toccante lettera alla mamma: “Domani partirò per chissà dove, quasi certo per andare alla morte. Quando tu riceverai questa mia, io non sarò più. Forse tu non comprenderai questo, non potrai capire come non essendo io costretto sia andato a morire sui campi di battaglia … Perdonami dell’immenso dolore ch’ io ti reco e di quello ch’io reco al padre mio e a mia sorella, ma, credilo, mi riesce le mille volte più dolce il morire in faccia al mio Paese natale, al mare nostro, per la Patria mia naturale, che il morire laggiù nei campi ghiacciati della Galizia o in quelli sassosi della Serbia, per una Patria che non era la mia e che io odiavo. Addio mia mamma amata, addio mia sorella cara, addio padre mio. Se muoio, muoio coi vostri nomi amatissimi sulle labbra, davanti al nostro Carso selvaggio”.

Poco prima della scelta, l’ordine d’allineamento delle bare fu cambiato per garantire la massima irriconoscibilità della salma; la donna, tenendo in mano un fiore bianco, sorretta da quattro militari, venne posta di fronte alle undici bare. Dopo essere passata avanti alle prime, non riuscì a proseguire nella ricognizione e, di fronte la penultima bara, chiamando per nome il suo figliolo,  si accasciò, abbracciando con passione proprio quel feretro.

 La bara prescelta, ornata di simboli militari e motivi patriottici, venne collocata su un carro ferroviario che conteneva un affusto di un cannone e picchettato da rappresentanze di parlamentari (le istituzioni), ex combattenti (l’esercito), mutilati (coloro che avevano sacrificato una parte fisica e psicologica di sé), familiari stretti di sesso femminile dei Caduti (gli affetti). Il tutto doveva rappresentare un “affresco corale” della “Madre Patria”.  Le altre dieci salme, rimaste ad Aquileia, furono tumulate nel Cimitero Degli Eroi di Aquileia, dietro la Basilica, in cui troverà posto anche Maria nel 1952.

 Il viaggio fu compiuto in treno dal 29 ottobre sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma  a velocità moderatissima, quasi a passo d’uomo, in modo che presso ciascuna stazione la popolazione poteva onorare il Caduto Simbolo. Il carro ferroviario che trasportava la salma riportava le scritte “MCMXV” e “MCMXVIII”, ovvero gli anni di inizio e di fine della partecipazione italiana al primo conflitto mondiale, e i versi contenuti nel canto quarto dell’Inferno della Divina Commedia “[…] L’ombra sua torna, ch’era dipartita[…]”.

Furono decine di migliaia gli italiani che attesero, a volte anche per ore …

 “Il suo passaggio fu infatti sempre contornato da ali di folla, così come il suo arrivo preavvisato da aeroplani in volo”.

 Le persone in attesa lungo i binari si adeguarono alla “Consegna del Silenzio” ordinata dalle autorità. La gente rendeva onore al Milite Ignoto senza proferire parola, inginocchiata e impegnata a pregare sottovoce o compiendo piccoli gesti come il lancio dei fiori da parte di donne e bambini, le benedizioni impartite dal clero locale mentre gli ex combattenti e i reparti di truppe presenti rispondevano con il saluto militare.

Il 2 Novembre il viaggio terminò a Roma Termini.  La salma venne trasferita alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri dove furono officiate le esequie solenni, qui sarebbe rimasta esposta al pubblico fino alla mattina del 4 Novembre.

Per l’occasione la Basilica restò aperta tutta la notte per consentire alla popolazione di tributargli il tanto desiderato omaggio. La salma riposta in una semplice cassa di quercia, fu vegliata da guardie d’onore che si avvicendavano ogni dodici minuti. Le cronache dell’epoca raccontano che tra il 3 e il 4 Novembre, Roma fu presa d’assalto da una “fiumana di popolo”, probabilmente furono mezzo milione i non romani giunti nella Capitale per partecipare all’inumazione del nuovo Eroe Nazionale.

Non era un condottiero né un re, ma un uomo sconosciuto in uniforme; forse un giovane in armi, forse un umile contadino costritto, comunque un nessuno che avrebbe potuto essere chiunque e che tutti i suoi compatrioti omaggiavano con Onore”.

La mattina del 4 Novembre l’affusto di cannone che trasportava la bara del Milite Ignoto arrivò in piazza Venezia, dove l’attendeva Vittorio Emanuele III e la famiglia reale, il Presidente del Consiglio dei Ministri e le ambascerie straniere.  Al suo arrivo i militari che erano in testa al corteo si allargarono e si disposero su due linee laterali lungo gli estremi della scalinata del Vittoriano. A questo punto suonarono le campane di tutte le Chiese di Roma e furono sparati dei colpi a salve dal cannone del Gianicolo.

 La salma, accompagnata dal rullo di tamburi, venne tumulata presso quel  monumento che ora poteva ben dirsi Altare della Patria.

 Intorno agli anni ’30 il Feretro del Milite Ignoto venne traslato nella cripta interna del Vittoriano, denominata Sacello del Milite Ignoto, dove tutt’ora si trova. Parti della cripta e del sepolcro vennero realizzati con materiali lapidei provenienti dalle montagne teatro degli scontri della Prima Guerra Mondiale. L’epigrafe, ancora oggi visibile, riportava la scritta “Ignoto Militi”.

 Sulla bara furono deposte un elmetto da fante e  la Medaglia d’Oro al Valore Militare  sulla base della seguente motivazione:” Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria”.

Il ministero della Guerra, a riscontro dell’onorificenza, sanzionòlo sconosciuto, il combattente di tutti gli assalti, l’eroe di tutte le ore, (che) ovunque passò o sostò, prima di morire, confuse insieme il valore e la pietà. Soldato senza nome e senza storia, Egli è la storia: la storia del nostro lungo travaglio, la storia della nostra grande vittoria”.

Da allora la Tomba del Milite Ignoto è sempre vigilata da una Guardia d’Onore e da due fiamme che ardono perennemente.

Da mesi, il Gruppo Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Comuni italiani e del Consiglio Nazionale permanente delle Associazioni d’Arma, ha avviato ilo progetto “Milite Ignoto Cittadino d’Italia” per il conferimento della cittadinanza onoraria al Milite Ignoto. La motivazione recita in tali termini: “così come cento anni fa, gli sforzi effettuati per fare in modo che quel Soldato, voluto come di nessuno, potesse in realtà essere percepito come di tutti, al punto da trasformarsi nella sublimazione del sacrificio e del valore dei combattenti della Prima Guerra Mondiale e successivamente di tutti i Caduti per la Patria, oggi è giunto il momento in cui, in ogni luogo di Italia, si possa orgogliosamente riconoscere la paternità di quel Caduto”.

 Ad oggi ben oltre 3000 Comuni italiani hanno già concesso la cittadinanza, mentre centinaia stanno istruendo la pratica di concessione.

 Il 19 ottobre 2021 Poste Italiane e il Ministero dello Sviluppo Economico hanno emesso un francobollo celebrativo del centenario del Milite Ignoto, stampato dall’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato. Il 20 ottobre 2021 i Ministeri della Difesa e dell’Economia e Finanze hanno presentato la moneta celebrativa da 5 euro in argento a tiratura limitata.

Oggi 4 Novembre 2021, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, in occasione del centenario di questo Simbolo Nazionale, deve essere momento di riflessione in ricordo di tutti coloro che, spesso anche in silenzio, si sono immolati per la Patria. Dopo un secolo, celebrare il Milite Ignoto significa rendere omaggio alla forza e alla tenacia di quei concittadini, che si sono sacrificati per l’Italia, indicando alle future generazioni il loro esempio, quale dimostrazione di valore e quale simbolo di connessione tra passato, presente e futuro.

 

 

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Info Autore
Annamaria Emilia Verre
Author: Annamaria Emilia Verre
Biografia:
Annamaria Emilia Verre, libero professionista, vive a Rende (Cosenza). Ama la musica, il teatro e la lettura. BREVE CURRICULUM: Master in giustizia minorile, esecuzione penale, giustizia riparativa e solidarietà sociale con la Giunty Academy; attestato in Minori stranieri non accompagnati; tutela volontaria; accoglienza e inclusione presso la Cittadella regionale (Cz); attestato in Tutela contro la tratta di persone e i minori non accompagnati; tutela giuridica e sociale (Cs); seminario in Minori e nuove tecnologie (università di Bergamo). E-mail: annaverre@yahoo.it
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