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In letteratura sono molte le figure femminili che restano impresse nella memoria,

da Anna Karenina a Madame Bovary, dalla romantica Elizabeth Bennet alla crudele Gladys Eysenach, grandi nelle loro passioni come nelle loro miserie.

Emerenc Szeredàs, protagonista di questo romanzo, è sicuramente uno dei ritratti femminili più belli che io abbia mai incontrato nelle mie disordinate letture.
Romanzo a tratti autobiografico, “La porta” della più grande scrittrice ungherese Magda Szabò, narra del rapporto tra una scrittrice che vive in un piccolo paese dell’Ungheria, e la sua domestica, Emerenc Szeredàs.
Il romanzo nasce da un senso di colpa incancellabile, un mea culpa che rivive ogni notte dentro i sogni della scrittrice: “Non ho scritto questo libro per Dio, che mi conosce fin nelle viscere, né per quelle ombre testimoni di ogni cosa che osservano le ore delle mie veglie e del mio sonno, bensì per gli esseri umani. Finora ho vissuto coraggiosamente, spero di morire allo stesso modo, con coraggio e senza menzogna, ma questo può accadere a una sola condizione: devo ammettere che Emerenc l’ho uccisa io. Volevo salvarla, non distruggerla, ma non posso tornare indietro e cambiare le cose”.
Il personaggio principale è sicuramente Emerenc, donna dal forte temperamento, incorruttibile, semplice e complessa allo stesso tempo.
È una donna delle pulizie, una lavoratrice instancabile, dotata di una grande bontà oltre che di una grande dignità, prima di accettare un lavoro era lei che prendeva informazioni sui suoi datori di lavoro, non viceversa. “Io non lavo i panni sporchi al primo che capita”.
La dignità non si svende, qualsiasi lavoro si faccia.

Amministra la casa come meglio crede, è lei che decide cosa fare o non fare, stabilisce orari, regole e compensi; impone il suo stile di vita, i suoi gusti estetici, la sua cucina. Tieni tutti a debita distanza ma non si risparmia per nessuno; siano essi uomini, donne o animali. Il suo passato è un mistero, perché lei non ne parla, ma la vera stranezza è un' altra: nessuno può entrare nella sua casa. Eppure, sull' atrio davanti a quella porta chiusa è tutto un pullulare di vita, gente che si ritrova, si racconta, si commentano notizie di ogni genere; morti, nascite, catastrofi.
Particolarissimo e unico è il rapporto di Emerenc con gli animali, siano essi i tanti gatti raccolti e tenuti chiusi in casa per proteggerli dal mondo ostile, o Viola, il cane maschio trovatello della scrittrice ma che senz’altro considera Emerenc la sua vera padrona, un cane dotato di quella comprensione che manca alla raffinata scrittrice. Un personaggio difficile da dimenticare, il cane Viola, come bellissima è la storia dietro il nome femminile dato a un cane maschio, che verrà svelata al lettore gradualmente.
Rapporto ventennale quello tra la scrittrice e la domestica, durante i quali, dopo una iniziale diffidenza, le due donne diventeranno come madre e figlia.
Come nasca questo attaccamento non si spiega, di fatto le due donne sono diametralmente opposte, ma sarà una forma di amore profonda e speciale; di fatto Magda diventa per Emerenc la figlia che non ha mai avuto, l'unica persona per la quale avrebbe aperto quella porta. La apre proprio alla "figlia" perché "ha più fede in lei che in Dio", ma quando giungerà il momento lei finirà per tradirla, incapace di seguire il suo cuore, e di amare Emerenc per quello che è.
“Ogni legame sentimentale rappresenta una potenziale aggressione, da quante più persone ci lasciamo avvicinare tanto più numerosi sono i canali attraverso cui il pericolo può colpirci"
Emerenc, sentendo probabilmente che la sua fine stava per compiersi permise alla sua datrice di lavoro di entrare, per una volta soltanto, nella sua pulitissima casa, incredibilmente piena di gatti, per mostrarle il mobilio che le avrebbe lasciato in eredità.
E qui pagina dopo pagina assistiamo ad un precipitare di eventi che ci lasciano senza fiato.
Quando Emerenc scompare dal quartiere, la scrittrice, non riuscendo a comprendere quel ritiro dal mondo, forza la porta. La sua amica scrittrice ed il quartiere intero penetrano nella sua intimità, dentro quella casa, dietro la cui porta essa nascondeva il suo mondo fatto di solitudine e gatti e nella quale, in condizioni di degrado, si era rinchiusa vittima di una emorragia cerebrale, rifiutando qualsiasi tipo di assistenza, intenta a lasciarsi morire, consapevole che per lei e per i suoi gatti non sarebbe potuto essere più nulla come prima.
La casa, un tempo pulita e splendente è ora sudicia: escrementi dappertutto, vermi e scarafaggi su piatti di carne e pesce in avanzato stato di decomposizione. Emerenc voleva morire come muoiono gli animali; lontano da tutti, con dignità : voleva sottrarsi allo sguardo del mondo. E ora, con il suo fazzoletto in testa che non vuole togliersi, è in ospedale, piena di vergogna, con un unico desiderio, quello di morire. E la morte verrà e la scrittrice che non aveva capito la dignità, la discrezione e il coraggio di Emerenc, vivrà per tutto il resto della sua vita con questo tremendo rimorso.
Molto suggestiva l’ultima immagine di questo romanzo quando la scrittrice si reca nella casa ormai vuota per entrare nella stanza dove Emerenc custodiva in mobilio che, nel suo testamento, aveva lasciato alla scrittrice. E in un scena che la Szabò stessa definisce “un’allucinazione kafkiana”, l’intero prezioso mobilio, coperto da strati decennali di polvere, appena sfiorato dalla mano della scrittrice: “Iniziò a disfarsi lentamente, con grazia, finchè si dissolse in un cumulo di segatura dorata, le figurine di porcellana e l’orologio caddero a terra, il tavolo, la cornice dello specchio, il cassetto, le gambe, tutto semplicemente scomparve nel nulla ogni cosa finì in polvere”.

 

Tutti noi dovremmo chiederci ogni qualvolta pensiamo di salvare qualcuno se lo stiamo facendo disinteressatamente o pensiamo di mettere a tacere in un certo qual modo la nostra coscienza, consci, nella profondità della nostra anima, che nulla sarà più come prima.

 

CHI È MAGDA SZABÒ?

Magda Szabó naque a Debrecen, in Ungheria, il 5 ottobre del 1917. E’ morta a Kerepes, sempre in Ungheria, il 9 novembre 2007. E’ considerata una delle più importanti e talentuose scrittrici ungheresi. Pur essendo autrice di molti romanzi, raccolte di poesie, saggi, opere teatrali e altre sceneggiature, è solo dal 1959 che i suoi scritti hanno iniziato ad attraversare i severi confini del paese grazie all’interessamento di Herman Hesse e di un’amica comune che gli fece avere clandestinamente alcune delle sue opere. Di lei scrisse Hesse Herman Hesse: «Con Frau Szabó avete pescato un pesce d’oro. Comprate tutta la sua opera, quello che ha scritto e quello che scriverà».
In Italia è ancora, inspiegabilmente, poco nota. Di lei, oltre a “La porta”, nella collana Einaudi, possiamo trovare solo “La ballata di Iza”. La casa editrice Anfora ha pubblicato una favola di Magda Szabó, Lolò, il Principe delle fate; il romanzo "Abigail" e "Il Momento", una riscrittura dell'Eneide. 

 

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