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di Giovanni Macrì

Due giovani in sella ad altrettante bici elettriche hanno preso di mira un coetaneo. Gli hanno spruzzato addosso della schiuma e mentre lo insultavano filmavano la scena con il cellulare. Coraggiosamente la vittima ha lanciato l’allarme al 112. I carabinieri stanno acquisendo le immagini delle telecamere che potrebbero avere ripreso la scena.

Bullismo... poche lettere per indicare un comportamento violento contro un’altra persona. Molte volte reiterato nel tempo sia con violenze psicologiche, che fisiche e con i mezzi più svariati.
Un bullo è chi mette in pratica questi comportamenti. Bisogna anche considerare alla stessa stregua coloro che seguono il “capo branco” nelle sue nefande opere.

Tutti, unitamente, non sono assolutamente consapevoli delle ripercussioni delle loro azioni sulle vittime e non hanno sensi di colpa per quello che hanno fatto. Non pensano a ciò che possono causare con il loro assurdo comportamento nelle loro vittime: insicurezza, ansia, tristezza, depressione, calo del rendimento scolastico, oltre che a malesseri fisici o nei casi più gravi... fino ad arrivare a intenzioni suicide.

Il "capo branco" viene, invece, considerato un modello di forza e autorevolezza. Mentre i suoi “seguaci” sono soggetti solitamente insicuri che cercano un punto di riferimento nel loro “leader”. Riuscendo così a non diventare loro stessi il bersaglio del bullo.
Il bullo è  un ragazzo/a che si maschera da forte, aggressivo, prepotente per cercare una gratificazione per il suo delirio di potere e al contempo la venerazione dei suoi coetanei mediante la violenza e l’intimidazione. Se è forte fisicamente agisce in solitudine, ma, se non si sente in grado, si può mescolare con un gruppo di depravati come lui.
Fino a poco tempo addietro sembrava che queste forme di violenza fossero di dominio di soli adulti. Oggi, invece purtroppo, il fenomeno riguarda sempre più giovani ragazzi o ragazze che sfogano la loro rabbia, il loro disappunto sui coetanei più deboli.

Dall’altra parte della barricata... c’è la vittima, un normalissimo ragazzo/a che non è capace di difendersi dall’attacco dei “prepotenti” e di riferire quanto gli è accaduto perché teme delle ripercussioni o delle vendette da parte del bullo stesso. Esse, le vittime, dopo essere state bullizzate, solitamente si isolano ed evitano di raccontare alle proprie famiglie ciò che gli sta accadendo, finendo per chiudersi in sé stessi, perdendo i rapporti anche con gli amici e restando così soli... contro il bullo.

Oggi, il “bullismo” è in netto aumento. Infatti, in maniera disarmante sta dilagando sempre più.

Dai dati dell’ultimo rapporto Istat, emerge che si tratta di un fenomeno in fase di allarmante crescita. E con lo sviluppo della tecnologia tale fenomeno ha raggiunto anche i media trasformandosi così in cyber bullismo. Difatti quasi il 6% dei ragazzi ha denunciato di aver subito ripetutamente azioni vessatorie attraverso l’uso di sms, e-mail, chat e social network. Infatti, internet, i social, la rete, ma ancor più i cellulari, sono diventati, purtroppo, uno spazio virtuale senza controllo.

Come uscirne?

Bisogna segnalare tutti i casi di bullismo a una figura autoritaria: ai propri genitori, a un consulente dell’orientamento scolastico, a un tutor, al preside o a chiunque possa occuparsi della situazione e punire il bullo per proteggerti. È importante quindi parlare con qualcuno di questo problema per trovare insieme una soluzione.

Il bullismo non è qualcosa che deve essere messo da parte e affrontato in silenzio. Bisogna parlare di questi problemi con le persone. Chiedere alla scuola, alle persone preposte, di organizzare discussioni o seminari per mettere il problema in evidenza. Fare sapere a tutti che tale fenomeno capita ogni giorno.

Solo se le persone sono attente potranno fare qualcosa per risolverlo.

Ricordati che non sei un codardo, sei coraggioso a farti avanti!


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Info Autore
Giovanni Macrì
Author: Giovanni Macrì
Biografia:
Medico chirurgo-odontoiatra in Barcellona Pozzo di Gotto (ME) dal 1982 dove vivo. Ho 65 anni e la passione per la scrittura è nata dal momento che ho voluto mettere nero su bianco parlando della “risurrezione” di mia figlia dall’incidente che l’ha resa paraplegica a soli 22 anni. Da quel primo mio sentito progetto ho continuato senza mai fermarmi trovando nello scrivere la mia “catarsi”. Affrontando temi sociali. Elaborando favole, romanzi horror, d’amore e polizieschi. Non disdegnando la poesia in lingua italiana e siciliana, e completando il tutto con l’hobby della fotografia. Al momento ho 12 pubblicazioni con varie case editrici.
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