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di  Massimo Reina 

In un mondo in cui la libertà di stampa dovrebbe essere il faro della democrazia, assistiamo a una preoccupante escalation contro chi osa raccontare una verità scomoda. Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso sono giornalisti che hanno il coraggio di portare avanti un lavoro prezioso: raccontare un’altra versione dei fatti, una prospettiva che disturba il racconto atlantista dominante. Questo li ha trasformati in bersagli di una campagna orchestrata non solo dai poteri politici, ma anche dall’apparato mediatico europeo.

Guerra alla Libertà di informazione

Da settimane, il Partito Democratico e in particolare il vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno, hanno dichiarato loro guerra. Non si parla più solo di contestare il contenuto dei loro articoli o delle loro indagini, ma di una vera e propria censura, con tentativi di bloccare attività che nemmeno riguardano la geopolitica direttamente. Un esempio lampante è stato l’evento di beneficenza per gli orfani di Lugansk, già annullato su pressione della stessa Picierno. Ora la questione è ancora più grave: su sollecitazione di Kiev, si vorrebbero imporre sanzioni a livello europeo contro questi due giornalisti. Il messaggio è chiaro: chi non si allinea alla narrativa ufficiale viene considerato non un semplice dissidente, ma un nemico.

Quello che sta accadendo è emblematico di una tendenza più ampia. La censura contro le voci non allineate al pensiero unico si è fatta sempre più aggressiva. Se un tempo ci si limitava a criticare le fonti alternative, ora si mira a silenziarle. E questo non vale solo per Lucidi e Lorusso: giornalisti, accademici e intellettuali in tutta Europa che osano sfidare la linea mainstream si trovano sotto pressione, in nome di un ideale di “sicurezza” e di “stabilità” che sa tanto di repressione.

O con noi o contro di noi: la propaganda atlantista

Ma facciamo un passo indietro. Cosa significa “propaganda atlantista”? Non si tratta di un’adesione alla NATO o di un semplice sostegno agli alleati europei e americani. La propaganda atlantista è quel sistema di comunicazione che richiede un totale allineamento ideologico, che esige che ogni notizia, ogni commento, sia indirizzato a supportare una visione monolitica del mondo. L’idea di una stampa che rappresenti i diversi punti di vista, che indaghi e critichi, viene sacrificata in nome della “unità” o, come qualcuno preferisce dire, della “difesa comune”.

L’attacco contro Lucidi e Lorusso non è solo l’ennesimo caso di censura; è un sintomo di una malattia più profonda. Chiunque segua l’informazione con occhio critico sa che la narrazione unica è diventata la norma. E sa anche che questa conformità non nasce da una convergenza spontanea, ma da un mix di pressioni politiche, economiche e diplomatiche. C’è da chiedersi: è possibile che chi ci governa si senta così fragile da non poter tollerare nemmeno una voce fuori dal coro?

Eppure, nel tentativo di imporre un’unica visione, si rischia di ottenere l’effetto contrario. Perché se la stampa cede, il dissenso troverà altre strade. E quando la censura diventa l’unico argomento per sostenere una posizione, si finisce per perdere credibilità.

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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