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A volte nel bel mezzo della vita, prepotentemente, arrivano delle tempeste con le quali dobbiamo imparare a convivere e che c’insegnano che è possibile vivere in modo diverso da quello che avevamo sognato o programmato.

 C’insegnano giorno dopo giorno a vivere con il dolore, a controllarlo, a domarlo. C’insegnano a chiedere aiuto, per amore del prossimo. Perché purtroppo di dolore non si muore, ma bisogna reagire e trovare una strada e prima lo si fa e meglio è.

 

L'autrice Rossana Coluccia si racconta ai lettori della Voce agli italiani

 

Rossana ,ci vuoi raccontare il tuo sogno da bambina?

 Sono nata e cresciuta fino all'età di undici anni in un piccolo paese della Puglia, Mesagne, il cui centro storico ha la forma del cuore e dove tutte le case sono al piano terra, bianche e con giardino.

E proprio in quel centro mio padre, fin dagli anni ‘50, era titolare di una bottega di calzature, così si chiamavano a quei tempi i negozi. Mia madre ogni sabato andava ad aiutarlo poiché era il giorno di maggior affluenza.

 Ricordo che io facevo il diavolo in quattro perché lei mi portasse con sé, mentre le mie due sorelle maggiori non erano interessate. All'epoca frequentavo la scuola elementare. Mia madre, non sopportando più le mie insistenze, rassegnata, mi prendeva per mano e si andava, attraversando le belle stradine bianche lastricate che al sole accecavano la vista dell’ intensa luminosità. Il negozio situato in un piccolo vicolo del centro storico aveva una sola vetrina che mio padre ogni sabato rinnovava con le novità per attirare l’attenzione dei passanti. Io adoravo aiutarlo a rifare la vetrina.

 Lui mi diceva di passargli le scarpe che voleva esporre ed io eseguivo gli ordini. Prima del dovere, mentre mamma e papà chiacchieravano, io provavo tutti i nuovi arrivi da bambina, facendo saltare la pazienza a mio padre. Era l’epoca delle scarpe occhio di bue, dei sandali alla zingara. Quanto le ho amate! Mi divertivo sentire mio padre negoziare con i clienti sul prezzo, scongiuravano sempre gli sconti. Talvolta l’acquisto si trasformava in baratto spesso a favore dei clienti. Spesso leggevo la stanchezza nel volto di mio padre. Non aveva tanto la stoffa del commerciante e io sognavo in grande, di sostituirlo una volta terminati gli studi. Immaginavo il negozio rinnovato.

Mi vedevo già lì dentro ben vestita, alta, adorna di gioielli e il negozio stravolto, colmo di scarpe ancora più belle, più costose, abbinate alle borsette, insomma per donne di classe. E proponevo a mio padre che un giorno quel negozio sarebbe stato mio e delle mie due sorelle. In tre avremmo potuto fare grandi cose ed aiutarci a vicenda. Questo era il mio sogno al quale ho creduto per molto tempo, fino a quando la realtà della vita me lo ha portato via!

 

 Quando hai iniziato con il mondo della scrittura?

 

Eh... bella domanda! Dovrò tornare indietro negli anni in cui questa vicenda, vissuta personalmente, mi commuove ogniqualvolta debba parlarne.

 D’ altronde è la mia vita. A volte nel bel mezzo della vita, prepotentemente, arrivano delle tempeste con le quali dobbiamo imparare a convivere e che c’insegnano che è possibile vivere in modo diverso da quello che avevamo sognato o programmato.

 C’insegnano giorno dopo giorno a vivere con il dolore, a controllarlo, a domarlo. C’insegnano a chiedere aiuto, per amore del prossimo. Perché purtroppo di dolore non si muore, ma bisogna reagire e trovare una strada e prima lo si fa e meglio è. Non potevo tenermi dentro la mia preziosa esperienza, quella di mio marito e dell’intruso. Un’esperienza che può essere di esempio di vita per molti e di aiuto per molte persone che si trovino ad affrontare realtà con le patologie rare. Così dopo un lungo ventennio di convivenza con la patologia incurabile finita con il prevedibile epilogo ho iniziato a scrivere quel romanzo che giorno dopo giorno, anni dopo anni, scrivevo dentro di me ed era solo da mettere nero su bianco affinché non si ripetano più episodi del genere. “Preferivo l’inverno” edizioni Mille - presentato al Salone del Libro di Torino 2016.  

 

Di che cosa parla?

Preferivo l’inverno, romanzo autobiografico, parla delle stagioni del cuore.

A fronte di una diagnosi incurabile, non precisa, trascurata per molti anni, Marco e Sara, da poco sposi e genitori, vivono il lungo calvario della patologia di Marco, distrofia muscolare. Ciò li porta ad unirsi ancora di più e a capire il vero significato dell’amore. Sara dovrà tirar fuori una forza sovrumana per fronteggiare da sola un destino così avverso. A ciò si unisce la solitudine nella grande città, la superficialità dei medici, l’assenza di adeguati supporti e la burocratizzazione del caso clinico e l’allontanamento di chi credevano amico.

Nonostante quella malattia divori Marco giorno dopo giorno, i due protagonisti sorridono alla vita trasmettendo i veri valori ai propri figli, regalando loro sempre momenti sereni al fine di salvaguardare la loro crescita nella più totale serenità, trasmettendo loro che non c’è nulla di diverso in una disabilità. Nella sofferenza è Marco che incoraggia Sara a non abbattersi. L’uomo, si scopre più innamorato della vita, cambia prospettive abbandonando la vita svolta fino a quel momento per adeguarsi ai continui cambiamenti a cui la malattia lo sottopone. Marco impara ad ascoltare la musica e a leggere come non aveva mai fatto prima, ad aiutare la moglie nella sua organizzazione quotidiana, a dedicare un tempo migliore ai suoi adorabili bambini. Tuttavia l’allontanamento da Marco spinge Sara ad innamorarsi ancora quando incontra Daniele, anch’egli sposato, che le regala momenti magici in una relazione clandestina parallela che appaga l’incancellabile voglia di vivere che accresce dentro Sara. L’amore tormentato salvavita di tanto in tanto farà sentire viva la giovane donna quel tanto che basta per portare gioia e vita a Marco poiché con il passare degli anni sarà costretto a vivere in simbiosi con un intruso, il respiratore artificiale. Sara, pur amando ancora suo marito è troppo innamorata di Daniele per rendersi conto che ancora una volta è lei ad aiutare un altro uomo, il quale insoddisfatto del suo matrimonio, riversa sulla giovane donna ogni sua frustrazione. L’uomo non ha più efficacia da farmaco salvavita sulla giovane donna ma bensì avrà il potere di annientarla, costringendola alla terapia psicologica. Trascorrono quindici anni e inaspettatamente un medico che partecipa ad un convegno a Parigi si ricorda di quel paziente, di Marco, perché compie gli stessi movimenti di un paziente di cui stavano analizzando il caso. Dovevano rivedere la diagnosi di Marco perché forse non si trattava di distrofia... A fronte di altri esami fu confermato il nuovo esito, questa volta curabile, peccato che ormai fosse troppo tardi....

 Questo mio autobiografico è un inno alla vita, un invito a non arrendersi mai, a lottare ogni giorno della propria esistenza, perché dare è l’unica vera ricchezza che abbiamo. Prime parole del libro: L’inverno s’insinuò dentro Sara in un tiepido ottobre di molti anni fa e non volle più uscirne, lasciando spazio a piccole parentesi di primavera... - Distrofia muscolare - così la voce di un medico, di cui Sara non ricordava più il suo volto, le pronunciò nel lungo e squallido corridoio di un ospedale nella periferia di Torino. Ultime parole del libro: Sara rimase senza respiro ..Si addormentò. Al rientro dal weekend i suoi adorabili ragazzi, unica fonte della sua vita, citofonarono. All’ assenza di una sua risposta entrarono con la loro chiave. La trovarono sdraiata sul letto, con una fotografia stretta fra le mani, la fotografia del suo unico grande amore! 

 

Parlami del tuo nuovo libro. - “La finestra dei sogni” viene concepito in un pomeriggio d’inverno mentre trascorrevo una breve vacanza in Liguria in attesa di festeggiare l’arrivo del nuovo anno, il 2017. Fui rapita da un tramonto bellissimo, quasi anomalo per la stagione, incominciai a fare scatti. Mi accorsi che non ero solo io a farlo. Sul lungomare incrociai un uomo di bassa statura, sui quarant’anni, di lui non saprò mai il suo nome.

Rapito dallo stesso scenario, l’uomo era provvisto di attrezzature fotografiche ben oltre la tecnologia della mia che consisteva invece nel mio umile cellulare. Incrociando il suo sguardo improvvisai : - Sicuramente le sue saranno di una qualità di gran lunga migliore delle mie! Il gentiluomo scoprì il suo volto poco prima nascosto dietro un obbiettivo gigantesco. Aveva uno sguardo triste, provato. Difficile strappargli un sorriso. Mi rassicurò che anche le mie sarebbero venute bene, c’era la luce giusta. M incuriosì la sua sicurezza tanto che cominciai a porgli domande quando mi confidò che era obbligato a girare con quell’attrezzatura poiché era un fotoreporter ed era appena rientrato in Italia dai luoghi di guerra dove vi era ancora in corso il conflitto della Siria. La sua testimonianza raccontata con un cenno di lacrime agli occhi fece scaturire in me il cambio di testo a cui stavo già lavorando. Quella scintilla mi fece capovolgere del tutto l’oggetto del mio romanzo nonostante la testimonianza dell’uomo mi descrisse scenari da pugno nello stomaco.

D’altronde ho capito che mi piace scrivere sui più fragili e dei più fragili, insomma accendere i riflettori laddove il silenzio assordante dovrebbe tacere. Tradito nel peggiore dei modi dalla sua amata Fedra, Nunzio è convinto che il mondo non abbia più nulla da offrirgli. L’uomo improvvisa e anticipa la sua partenza verso i luoghi di guerra, la Siria. Parte come free lance senza committente ma con il suo collega e amico Gabriele, inviato esperto del Medio Oriente. Il giovane protagonista è cresciuto in una famiglia soprannominata “i miserabili” nel quartiere Libbrino, il più degradato della bellissima Catania, dove lo spaccio dietro le finestre murate è l’unico ufficio di collocamento. Raggiunto l’apice della sua carriera giornalistica, si sentiva come un uragano in piena. Insoddisfatto di scrivere articoli dietro una scrivania ricerca uno spazio tutto suo, decide di partire insieme a Gabriele per raggiungere il suo obbiettivo.

Documentare il dramma delle spose bambine visto con i suoi occhi. Fermati ad un posto di blocco, Nunzio e Gabriele vengono catturati e fatti prigionieri. L’orrore vissuto in quei sotterranei, le torture e le violenze prima nell’anima e poi sul corpo, gli procurano cicatrici indelebili anche nella psiche, tanto da renderlo impotente nella scrittura e da non credere più nell’essere umano. Costretto ad una overdose di psicofarmaci nella speranza di sconfiggere i suoi fantasmi che lo svegliano tutte le notti e lo rendono impotente nella sua professione. La psicoanalisi lo aiuterà in parte a riacquistare l’autostima. Il racconto dettagliato della crudele ed ingiusta prigionia, sconvolge persino lo strizza cervelli ma lo rassicura quando gli propone che insieme entreranno nelle sabbie mobili e insieme ne usciranno e che lo avrebbe trasformato da martire ad eroe. La crisi esistenziale di Nunzio coincideva con quella di una giovane paziente di Massimo, la brillante immobiliarista Sofia.

L’affannata ricerca della donna per il grande amore la spinge agli incontri con una cartomante, la quale prima di morire prospetta alla giovane che presto avrebbe incontrato un uomo dalle tante sofferenze e se ne sarebbe subito innamorata. In una Chiesa gremita e addobbata per un matrimonio, Sofia individua un tale dall’aspetto trasandato che fissava i Santi, la incuriosisce a tal punto da seguirlo e, con un pretesto, riuscirà ad attirarlo a sé. Il nuovo amore, nato tra confidenze, bugie e segreti svelati, ad eccezione di uno che resterà per sempre nei profondi abissi della coscienza di Nunzio, è la salvezza di entrambi. È la cura perfetta.

Finalmente arriva il riscatto di Nunzio. Tornerà a scrivere il libro documentario a quattro mani, anche se il collega non ci sarà più. Sicuro non basterà un libro a porre fine al fenomeno raccapricciante delle spose bambine, ma almeno Nunzio ci ha tentato ed ha trasformato il suo sogno in missione, con la speranza che mai più nessuna bambina debba sognare la sua infanzia rubata oltre una inquietante finestra ma viverla fino in fondo.

 Biografia

Rosanna Coluccia è conosciuta come Rossana, poiché al momento della nascita e della successiva registrazione anagrafica furono invertire le s con le n, senza che nessuno si accorgesse. Troppo presi dalla gioia mamma e papà non si accorsero dell’errore per molto tempo, intanto la chiamavano sempre con il nome scelto fin da prima che nascesse. Quando si accorsero, chiesero la procedura per cambiare il nome sui documenti. Ebbene la procedura era talmente complessa che entrambi decisero di lasciare le cose come andarono, ma non riuscendo più a chiamarla Rosanna continuarono a chiamarla tutti Rossana. Ancora oggi quando qualcuno la chiama Rosanna, non sentendolo suo quel nome, lei non si volta nemmeno.

 Rossana nasce in un piccolo paese della Puglia, Mesagne, il 28.08.1962. Infanzia tranquilla e felice ricca di bei ricordi vissuti in famiglia, dove i veri valori umani erano ampliamento trasmessi dai genitori. L’ultima di tre sorelle è la più coccolata. Madre sarta, molto premurosa nei confronti della famiglia, amante della cucina e delle belle feste in famiglia. Padre, commerciante di scarpe, autorevole all’occorrenza, ma sempre attento alla loro crescita, diventa persino geloso alle loro prime uscite. Negli anni settanta, a fronte di una vita dalle condizioni economiche sempre più precarie, priva di prospettive per le proprie figlie, il padre decide un cambio di vita e di trasferirsi al nord, anche se a malincuore. Rossana vince l’attimo di emarginazione che molti coetanei le faranno sentire. Si impegna per conseguire il diploma ad indirizzo commerciale e realizza il suo sogno della libera professione. Tuttora è titolare di uno studio Immobiliare, cui bagaglio professionale è stato ampia fonte d’ispirazione nei suoi romanzi.

Nel bel mezzo della sua consolidata attività e serenità familiare, un triste evento sconvolgerà l’esistenza alla giovane coppia. Rossana dalla incurabile malattia e successiva perdita prematura del compagno di vita, sentirà forte il bisogno di scrivere per lasciare traccia di un messaggio molto forte, esprimendo, nonostante tanta sofferenza, un inno alla vita.

In pochi mesi realizza il suo primo romanzo autobiografico delle stagioni dell’animo Preferivo l’inverno, edito da edizioni mille, con il quale esordisce nel 2016, partecipando al Salone del Libro di Torino.

 Le gratificazioni ricevute oltre le proprie aspettative la spingono a scrivere ancora, trasforma così il suo dolore in una nuova luce. Nel marzo 2021 verrà pubblicato il suo secondo romanzo La finestra dei sogni edito da Edizioni We. Rossana è amante della lettura e della scrittura. Nelle sue narrazioni, le sue ispirazioni sono frutto di attente osservazioni di ciò e di chi la circonda. I suoi viaggi si trasformano in pagine, non solo di vita. Rossana Coluccia scrive per passione, i suoi romanzi sono mirati a lanciare forti messaggi e a creare spunti di riflessioni. Nelle sue narrazioni uomini e donne trovano sempre qualcosa di sè.

 

grazie Rossana per aver rilasciato questa intervista.

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Info Autore
Stefania Miola
Author: Stefania Miola
Biografia:
Sono un tecnico specializzato in amministrazione del personale, scrittrice, poetessa e appassionata d’arte. Dal 2015 sono state pubblicate tre sillogi poetiche, presentate al Salone Internazionale del Libro di Torino e premiate a livello nazionale ed internazionale. Alcuni miei componimenti poetici sono presenti in antologie di diverse case editrici. Nel 2020 ho firmato la prefazione di un’importante catalogo di Arte Contemporanea.
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