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di Ivana Orlando 

Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo… 
Inizio con una frase di una canzone di Gino Paoli per raccontarvi in breve come un ragazzo di periferia  abbia conquistato il cuore dei bambini e il sorriso degli anziani, attraverso le buone idee.  
Era consuetudine ritrovarsi al bar,  tra i tavoli imbanditi a festa, ci si raccontava la vita e ci si battibeccava, ironicamente, sulla politica o il partito del momento. Vi era il geometra, l’avvocato, l’ingegnere e l’impiegato. Il  background di questi incontri era sempre il paesaggio folcloristico del paese, pregno di tradizioni. Dalla sua stessa definizione:  “Città dell’olio di oliva” per i suoi ben noti alberi di ulivo. 
San Pietro a Maida è il luogo in cui i fiori sanno di polline e non di benzina e i bambini ancora possono giocare tra le strade del paese. Un paese che rispetta i diritti dei bambini attraverso il loro primo mezzo comunicativo e sociale: il gioco. A tal proposito ho apprezzato l'intervento del primo cittadino di San Pietro a Maida, il Sindaco Domenico Giampà, per aver realizzato un nuovo parco gioco. I parchi facilitano le capacità relazionali tra i bambini e grazie al nuovo parco, i bambini di San Pietro a  Maida, sono ritornati a gioire tra altalene e scivoli. 


 

Il Covid ha cambiato le norme del gioco, mettendo in primo piano la sicurezza. La pandemia ha raso al suolo la socializzazione dei bambini e la Did scolastica ha reso noi mamme oltre genitori anche degli estemporanei insegnanti. Non è stato facile, anche perché l’avere la conoscenza è ben diverso nel sapere trasferire la stessa. Non vanno a braccetto.  

 

 

Non è stato altrettanto facile per i comuni affrontare la pandemia nel rispetto delle normative anti-Covid. Piena fiducia è stata riposta nell’operato del sindaco. A tal riguardo vorrei porre alcune domande al Sindaco Domenico Giampà.

Gestire e prevenire i contagi non è stato facile. Lei è stato eletto prima di questa pandemia e, immagino avesse altri obiettivi in mente. Cosa ha pensato quando tutto questo le è ricaduto sulle spalle ? 

Lo scoppio della pandemia ha immediatamente acceso i riflettori sui Sindaci, i quali sono diventati riferimenti stabili delle loro comunità in  di forte incertezza. Chiaro, che era inimmaginabile uno scenario del genere. È stata dura soprattutto all’inizio, quando non si conoscevano bene gli effetti del virus sulle persone affette. Mi sono trovato ad avere un ruolo e soprattutto delle responsabilità diverse, da quelle che immaginavo prima della mia elezione. Un momento duro è stato nel corso della prima ondata, quando ho deciso di chiudere per 10 giorni tutti le attività non essenziali per diminuire i contagi. In quella fase non esistevano i vaccini e non c’erano i tamponi rapidi antigienici. Non era facile spiegare agli operatori  commerciali, che era necessaria una nuova chiusura dopo il lockdown nazionale. Ho provato a spiegare loro le ragioni della scelta, utilizzando il linguaggio della verità. Fortunatamente mi sono trovato ad avere il sostegno e non la comprensione da parte di tutti i cittadini. 

Come sono cambiate le sue priorità come amministratore pubblico? Se sono cambiate. 

Ma sicuramente sono stati due anni, in cui oltre ai programmi, sono cambiate le priorità. Il contenimento del contagio, attraverso un rapporto di supporto organizzativo con le strutture sanitarie di base ha assunto il primo posto nell’agenda dell’amministrazione. Ora bisogna concentrarsi per intercettare le risorse del PNRR. Dopo la pandemia la ripresa dipende ancora una volta dalle capacità delle amministrazioni locali e da chi le governa.

Lei è da poco padre, come o cosa racconterebbe a suo figlio di questi tempi?

Di tempi in cui nessuno di noi immaginava di vivere una nuova guerra mondiale, contro un nuovo nemico, per la prima volta invisibile. Un periodo in cui abbiamo capito quanto è importante non solo la salute, ma anche la libertà, visto le restrizioni che abbiamo subito e speriamo superato.

Come è nata l'idea di sistemare il parco?

Appena insediati, abbiamo appurato come il nostro territorio fosse scarno di aree destinate ai più piccoli. Abbiamo approfittato dei fondi del Governo destinati alle infrastrutture sociali, per creare un parco giochi all’interno della storica villa comunale. 

Siete soddisfatti del risultato ottenuto?

Moltissimo, ed è gratificante vedere la felicità dei più piccoli e ricevere gli attestati di stima dai più grandi.

Ha appena riorganizzato il parco dei bimbi per dare loro nuovi spazi di socializzazione. Quali obiettivi ora si pone per aumentare l'offerta di nuovi spazi ed attività di socializzazione, non solo per i bambini?

Sicuramente aumentare i luoghi di incontro dei bambini. Abbiamo oltre al parco nella villa comunale, sistemato un altro mini parco giochi nel centro storico e ne stiamo per inaugurarne un altro in località “Fiume”. Bisogna creare spazi che favoriscano l’interazione dei più piccoli, insieme a momenti di apprendimento come i campi estivi e la fattorie didattiche. Punteremo molto su questo tipo di attività.

Sappiamo che in molti istituti del nord, lo sport viene già inserito nella normale offerta didattica. Da cosa dipende questo divario? Quali sono i fattori per cui esiste questa differenza di offerta formativa?

Penso che il sud risenta molto di limiti infrastrutturali. È triste dirlo, ma nel mezzogiorno spesso non si hanno nelle scuole infrastrutture idonee per poter fare dello sport.

Questi mesi di pandemia hanno evidenziato la sedentarietà a cui tanti sono stati costretti, soprattutto i più piccoli. Lei pensa che una educazione più attiva in senso sportivo debba essere compresa nell'offerta formativa per i nostri figli? E se si, cosa farebbe?

Siamo disponibili compatibilmente con le strutture che abbiamo, ad accogliere proposte in questa direzione da parte della scuola. Penso che lo sport sia fondamentale soprattutto nella fase adolescenziale, in cui non serve solo un crescita culturale, ma bisogna crescere anche fisicamente bene.

 

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