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di Anna Maria Stefanini

La grande Madre Terra ci nutre e ci sostiene ma nelle sue viscere si agitano forze mostruose: temperature di diverse migliaia di gradi e pressioni di milioni di atmosfere. Questo fa della Terra un giardino globale che ogni tanto ci ricorda cosa si agita sotto i nostri piedi. 

La scossa che il 6 aprile di 12 anni fa ha sconvolto L’Aquila è stata soltanto la fase acuta di un insieme di movimenti sismici iniziati l’anno precedente (2008) e rientrati nel regime della normalità 3 anni più tardi, nel 2012. Quattro anni di convivenza con la precarietà e la paura.

L’Aquila si trova al centro di una depressione della superficie terrestre dell’area appenninica denominata “conca Aquilana”, percorsa dal fiume Aterno, già interessata da fenomeni analoghi. 

Questo accade perché i movimenti relativi delle masse della crosta terrestre avvengono su tempi estremamente lunghi e probabilmente molti lettori de LA MIA CITTÀ NEWS avranno sentito parlare della “deriva dei continenti”, ossia l’insieme delle rotte dei continenti in moto da centinaia milioni di anni sulla parte superficiale del nostro pianeta. E in questa incessante rincorsa si susseguono scontri, tensioni, sprofondamenti e sollevamenti; come quello dell’Appennino.

Precedenti restituiti dalla nostra memoria storica sono il terremoto del 1349, quello del 1461, quello del 1703, conosciuto come il “grande terremoto” e quello del 1915.

I sismologi hanno stimato una ricorrenza di eventi sismici significativi con una media di uno ogni 300 anni.

A tale riguardo è opportuno richiamare che l’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è un’eccellenza internazionale, apprezzato in tutto il mondo.

La scossa distruttiva si è scatenata alle 3.32 del 6 aprile 2009; l’INGV ha registrato una magnitudo pari a 6.3 Mw, una particolare scala detta “magnitudo momento” (spesso confusa con la vecchia “scala Richter”, oggi considerata poco valida) correlata con l’energia rilasciata dall’onda sismica. L’epicentro è stato rilevato tra le frazioni Roio Colle, Genzano di Sassa e Collefracido ma la scossa fu distintamente avvertita in quasi tutta l’Italia centrale.

Nei giorni immediatamente successivi vennero registrate circa 10 mila altre scosse. 

Le vittime furono 309, 1.600 i feriti di cui 200 classificati come “gravissimi”; i danni stimati ammontano a 10 miliardi di euro.

Diversi furono i salvati, estratti vivi dalle macerie a distanza di molte ore dai crolli, tra cui Maria D’Antuono, di 98 anni, 30 ore dopo.

Uno degli episodi più strazianti è stata la morte di Giovanna Berardini, incinta e prossima al parto, insieme a quella del marito e del figlio; nell’elenco delle 209 vittime figura anche la piccola che sarebbe dovuta nascere il giorno successivo.