di Adelaide Baldi

Per molti cilentani che per ragioni di lavoro sono costretti a vivere lontano le festività natalizie sono le occasioni per le quali si ritorna al paese natio, dove si rivivono antichi riti e si gustano le vecchie ricette.

Nel Cilento e in gran parte del Meridione ancora oggi alcune tradizioni sono ben radicate in ogni borgo. Per il popolo cilentano il Natale rappresenta da sempre non solo la festa della famiglia ma anche del paese. Due sono i momenti che la caratterizzano: il fòcaro (falò) e la preparazione di pietanze tipiche.

Il fòcaro  per la comunità è il punto di riferimento della notte tra il 24 e il 25 dicembre in quanto rappresenta momento di aggregazione molto sentito.  Nella giornata della vigilia di Natale i giovani trasportano enormi ceppi che accatastano a cerchio sul sagrato della chiesa o al centro della piazza principale del paese. L'accensione del falò in passato avveniva solo dopo la funzione religiosa di mezzanotte e dopo che i suonatori di fruscarièddo (strumento musicale a fiato di canna e di zampogne avevano reso omaggio al Bambinello deposto nel presepe. Da qualche anno viene acceso prima della mezzanotte perché è diventato il pretesto per una grigliata collettiva. Ma il valore simbolico non è cambiato: illuminare l'oscurità  e accogliere con calore Gesù Bambino. 

La tradizione culinaria del Cilento legata al Natale è molto ricca e varia: baccalà cu i broccoli (baccalà con i broccoli), a spetrìta (baccalà in umido piccante),  fusiddi cu u castrato (fusilli con ragù di castrato ), làane cu u latte ( tagliatelle al latte), ruoòspi (zeppole con alici salate),…  Alcune pietanze  si preparano solo in questa ricorrenza poiché sono legate ad una ritualità che le rende parte integrante di questa festività. Tra queste soprattutto alcuni dolci. Nel comune di Pollica  si usano fare le pasticcèlle:  sono dolci a forma di fiore ottenuti da una doppia sfoglia (fatta con farina, uova e vino bianco) che racchiude un trito di mandorle abbrustolite, pinoli, pere secche e pane tostato. Fritti e conditi con il miele. A Cuccaro si fanno le pastorelle, ripiene con crema di castagne e cioccolato. E poi ci sono i famosi scauratieddi, che si preparano in tutto il Cilento. La ricetta viene tramandata di generazione in generazione, seppur semplice  l'esecuzione richiede una certa maestria. Sono dolci che vantano una tradizione antichissima: si narra che venivano portati in tavola già all’epoca in cui i coloni greci sbarcarono sulle nostre coste.  

Un’usanza molto particolare del Cilento è quella di Laurino: la notte del 24 dicembre si assaggiano  dodici cibi e una bevanda (decotto con foglie di lauro). Il rito è detto Stella di Natale e i cibi sono: tagliolini, lenticchie, fagioli, ceci, lupini, zeppole, castagne , pinoli, noci, mandorle, fichi secchi e struffoli. Queste pietanze si ricollegano alla forma del seme ( la festa della Vita che nasce), il  numero 12 rappresenta i mesi dell'anno e la bevanda ricorda l'origine del nome Laurino (bosco di lauro).

Natale è senza dubbio la festa per eccellenza: la celebrazione della nascita, della Vita. Quindi, quale migliore circostanza per ritornare alle origini? 

«Il ritorno alle origini non è un salto indietro nel tempo, fuori da ogni logica reale, ma può rappresentare l'occasione per riflettere su quei valori autentici che..solo l'ambiente paesano può far rivivere» (A. La Greca)

Nella foto i famosi  scauratieddi cilentani

 

Info Autore
Adelaide Baldi
Author: Adelaide Baldi
Biografia:
Adelaide Baldi è nata in Valtellina nel 1970. Dall’età di 7 anni vive nella patria della Dieta Mediterranea, sulla costa del Cilento. Giornalista pubblicista, iscritta all'Albo dell'Ordine dei Giornalisti della Campania. Collabora con "Cronache Cilentane": periodico di informazione del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
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