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“Il 7 gennaio 2021 il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato all'unanimità un ordine del giorno sulla ferma contrarietà del popolo sardo all'individuazione della Sardegna quale sede del Deposito Nazionale delle scorie radioattive.

Un Odg che ha impegnato il Presidente Solinas e la Giunta ad intraprendere ogni iniziativa utile, in tutte le sedi istituzionali deputate, ad esprimere e ribadire con determinazione la volontà dei sardi e a sviluppare ogni approfondimento tecnico e scientifico a supporto della posizione espressa”.

“Fatta questa premessa, è lecito chiedere al Presidente Solinas quali azioni abbia compiuto nell'ultimo anno a riguardo, alla luce del fatto che il 16 marzo scorso la Sogin ha trasmesso al Ministero della Transizione ecologica la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (CNAI) a ospitare il Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e tra le aree individuate spicca la presenza della nostra isola. Nonostante il popolo sardo si sia espresso numerose volte e con assoluta fermezza riguardo la propria contrarietà all'utilizzo del suolo del territorio regionale per la costruzione di un deposito di scorie radioattive”.

“Quali azioni ha portato avanti finora, Presidente?” chiede Desirè Manca.

Così la consigliera regionale del M5s Desirè Manca ha presentato un'interrogazione al Presidente Solinas e alla Giunta per sapere quali azioni abbia compiuto la Regione Sardegna nell'ultimo anno, ovvero dall'approvazione dell'Odg n. 52 del 7 gennaio 2021, per ribadire al Governo la ferma contrarietà del popolo sardo all'individuazione della Sardegna quale area idonea ed evitare la realizzazione del Deposito Nazionale delle scorie radioattive sul territorio regionale.

“Il referendum consultivo popolare del maggio 2011 – ricorda la consigliera - ebbe esito netto: oltre il 97 per cento del popolo sardo votò contro la localizzazione delle scorie sull'isola. E oggi apprendiamo che in Sardegna potrebbero essere stoccati definitivamente circa 78.000 metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui circa 50 mila metri cubi derivanti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, e circa 28 mila metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria”.