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di Mario Logullo

Il segretario generale della CONFIAL (Confederazione Italiana Autonoma Lavoratori), Benedetto Di Iacovo, interviene sull'accordo G7 tassazione multinazionali, “ora accordo globale contro il dumping sociale”.
A giudizio di Di Iacovo, «L’accordo raggiunto tra i ministri delle Finanze del G7 sul principio di una aliquota globale minima del 15% per la tassazione delle grandi imprese, applicata Paese per Paese, rappresenta un primo passo importante nel segno dell’equità e della giustizia sociale, per un governo transnazionale dell’economia che corregga le storture generate dalla globalizzazione».
Secondo il leader sindacale, «adesso, é tempo di combattere anche il dumping sociale e il G7 potrebbe affrontarlo sin da subito, dando un segnale inequivocabile che alla globalizzazione selvaggia deve subentrare l’equità sociale a livello planetario, rendendo obbligatoria per tutti gli Stati membri che partecipano al libero mercato mondiale, i diritti di associazione sindacale e di contrattazione collettiva, l’eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato, del lavoro nero, di quello minorile e della discriminazione in materia di lavoro e di impiego. Il paradosso dell’attuale crisi capitalistica - prosewgue - è che mentre quelle del passato hanno sempre dato luogo a trasformazioni degli equilibri politici e sociali, espansione della base produttiva e allargamento del perimetro dei diritti del lavoro quale esito di una rinnovata conflittualità sociale, oggi assistiamo ad una fase involutiva del sistema economico di mercato, con le élite dominanti che chiedono (contro) riforme economiche e sociali, che se attuate provocheranno un ulteriore abbassamento dei livelli di sicurezza collettiva, dal punto di vista sociale, quindi del Welfare diffuso».
Il segretario della Confial conclude: «I tempi sono ormai maturi per una legge di attuazione dell’art. 46 della Costituzione in materia di partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali, alla luce delle previsioni delle direttive comunitarie in materia, valorizzando l’esperienza italiana che, nei pochi casi di democrazia industriale sperimentati, ha utilizzato il modello bilaterale dei comitati misti in azienda. Un intervento di legge quindi, attuativo anche dell’art. 46 della Costituzione».