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di Anna Maria Stefanini

L'umanità è stata benedetta due volte; la prima volta in Africa, circa 160 mila anni fa, quando l’Homo sapiens riceve il dono della parola, probabilmente per effetto di cambiamenti genetici di cui si conosce oggi almeno un componente: il gene denominato FOXP2. Prima di allora il nostro principale canale di comunicazione era il linguaggio mimico-gestuale, probabilmente accompagnato da rudimentali articolazioni sonore. La seconda benedizione non è frutto di un incidente genetico ma di una geniale invenzione umana, effettuata circa 5 mila anni fa in Mesopotamia, quando i Sumeri svilupparono la scrittura alfabetica; la più importante creazione dell’umanità. Questa è anche la data di nascita della cultura scritta che tuttavia non ha rimosso la cultura orale. Da allora la parola ne ha fatta di strada, passando e piegando la storia umana, tra poderose accelerazioni e sfiancanti stagnazioni.

Per una singolare combinazione, la forma espressiva più intima, tenue e riservata è quella di cui si conserva maggiore memoria: la poesia.

Il percorso biologico di Alda Merini nasce e si chiude a Milano fra il 21 marzo 1931 e il 1° novembre 2009 ma potete stare certi che nei secoli a venire il nome di Alda Merini continuerà ad essere pronunciato, scritto e letto insieme alle sue opere poetiche. La vita di Alda non è stata facile; brillante alunna incoraggiata negli studi dal padre Nemo Merini, va incontro ad una precoce crisi mistica con vocazione monacale che la madre, Emilia Painelli, scambia per una malattia da curare con medicine e, come si usava allora, con le botte. Con l’eccezione degli studi, dove Alda eccelle, la gioventù non le risparmia prove durissime, come la casa distrutta in un bombardamento nel 1943, quando aveva 12 anni. Gli anni successivi furono anni da profuga ma questi non riuscirono a trattenere il suo eccezionale precoce talento per la scrittura. Senza aver potuto ricevere nemmeno un’istruzione superiore a 15 anni viene notata per le sue eccezionali doti narrative; dapprima da Angelo Romanò, un letterato diventato, nel 1961, direttore del secondo canale RAI e poi dal poeta e critico Giacinto Spagnoletti (1920-2003) che scrisse per lei un’entusiastica recensione. Ma il padre stracciò la recensione con il duro ammonimento “la poesia non dà il pane”.

L’anno successivo, il 1947, è l’anno in cui compaiono ciò che Alda chiamerà “le prime ombre della mia mente”, ossia l’emergere del quadro clinico oggi classificato come “disturbo bipolare” per via delle frequenti oscillazioni umorali tra stati di grande eccitazione e depressione profonda. Fortunatamente i letterati e i critici suoi estimatori la sostennero in questo calvario mentale indirizzandola dai migliori specialisti del tempo: Franco Fornari e Cesare Musatti.

Malgrado il precoce insorgere della malattia, nel 1950, all’età di 19 anni, grazie a Spagnoletti pubblica due poesie, “Il gobbo” e “la luce”, nell’importante “Antologia della poesia italiana 1909-1949”. L’anno successivo, l’editore Giovanni Scheiwiller, su consiglio del futuro premio Nobel Eugenio Montale, pubblica due poesie di Alda nell’opera Poetesse del Novecento. Risale a quegli anni la sua complicata relazione sentimentale con lo scrittore, critico e accademico Giorgio Manganelli (1922- 1990). Nel 1953 sposa l’operaio-sindacalista Ettore Carniti, dal quale avrà quattro figlie: Emanuela, Flavia, Barbara e Simona. In quegli anni escono quattro opere poetiche interamente scritte da Alda: “La presenza di Orfeo”, “Paura di Dio”, “Nozze romane” e “Tu sei Pietro”. Sfortunatamente quello è il periodo del ritorno del suo disturbo bipolare, culminato nel lungo internamento nell’ospedale psichiatrico “Paolo Pini” dal 1964 a 1972.

Nel 1979 Alda interrompe il suo lungo silenzio e riprende a scrivere pubblicando quello che è considerato il suo massimo capolavoro, “La Terra Santa”, nel quale affiorano i suoi drammatici momenti di isolamento psichiatrico; l’opera, nel 1993 vincerà l’importante Premio Librex Montale. Ma la vita si accanisce ancora su Alda Merini perché nel 1983 muore il marito Ettore ed inizia un lungo periodo di indifferenza da parte di editori e critici.

Nel 1984 si risposa con il poeta Michele Pierri; i due vanno a vivere a Taranto dove Alda ritrova la forza di scrivere. Ma le ricadute, i ricoveri e i versi continuano ad alternarsi con implacabile continuità.

Gli anni ’90 sono gli anni del ritorno a Milano, della serenità e della consacrazione definitiva tra i maggiori poeti italiani contemporanei. E gli anni di una ricca produzione poetica e letteraria.

Nel 2007 scrive in collaborazione col favolista Sabatino Scia “Alda e Io, Favole” che vince il premio Elsa Morante Ragazzi; nello stesso anno le viene conferita la laurea honoris causa in “Teorie della comunicazione e dei linguaggi” dall’Università di Messina.

Alda Merini ci lascia il 1° novembre 2009 all’età di 78 anni.