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In questo ultimo periodo, dopo la caduta del governo Conte e le nomine nel governo Draghi, si è tornati a parlare del concetto del "tetto di cristallo", un'immagine metaforica che descrive la discriminazione subita in ambito lavorativo principalmente dalle donne (ma il simbolismo nasce anche per rappresentare le discriminazioni legate a razza e disabilità) nella possibilità di raggiungere avanzamenti di carriera e di ricoprire incarichi di responsabilità in contesti lavorativi, politici e di gestione

dell'organizzazione socio-economica in generale. Una discussione animata e giustissima che non può essere risolta, secondo me, come anche secondo molte esponenti delle organizzazioni di tutela delle donne, semplicemente con un'imposizione legislativa ma che deve manifestarsi parallelamente a un cambio di mentalità. Un cambio necessario, nel quale si ristabilisca il diritto di assoluta uguaglianza tra tutti gli esseri umani. 

Fatta questa premessa, doverosa per chiarire che questo mio non vuole in alcun modo sminuire il sacrosanto diritto di una donna a diventare Presidente della Repubblica, per esempio, purché rientri nelle caratteristiche legali e morali previste dalla Costituzione naturalmente, credo che sia necessario ampliare l'analisi - e così rafforzare il senso d'urgenza di un cambiamento - introducendo un concetto in più, quello delle "scale di sabbia".

Cosa intendo per scale di sabbia? 

Nel nostro Paese, forse da sempre, è radicatissimo e spesso considerato normale, il concetto che per arrivare "da qualche parte" si debba "conoscere qualcuno", "poterselo permettere economicamente", "essere figlio/cugino/amico di", "avere i numeri" dove, per "numeri" non si intendono le qualità oggettivamente necessarie per ricoprire uno specifico ruolo o incarico, ma le capacità economiche o la raccomandazione di qualcuno di potente, in relazione al settore, i numeri, cioè, per garantire un guadagno indiretto. 

Questa situazione è più evidente nei partiti politici tradizionali ma avviene in moltissimi altri ambiti. Chi ha tentato la carriera politica sa che, tendenzialmente, è necessario avere uno sponsor (economico o numerico elettorale o meglio ancora entrambe le cose) prima di poter essere candidabili per incarichi importanti: lo sponsor deve poter garantire i costi della campagna, deve rappresentare un bacino elettorale di base che convoglierà su di te il proprio voto così da non trasformare una candidatura in un buco nell'acqua. Lecito, assolutamente, ma che succede a chi ha idee, carisma, competenza ma lo sponsor non ce l'ha? A chi fa politica dal basso e magari non ha il "cugino amico del senatore" che gli cederà i propri elettori perché vuole ritirarsi per gestire gli affari personali? Può tentare, certo, ma deve considerare che per salire gli toccherà affondare i piedi nei gradini di una scala di sabbia che rischierà di sgretolarsi sotto il suo peso. Anzi, paradossalmente, maggiore sarà il peso delle sue idee più la scala si sgretolerà facilmente e vedrà altri, spesso privi di contenuti, arrivare nel ruolo al quale mirava. 

A meno che qualcuno "da su" non noti questa persona nuova, non faccia i propri calcoli, non le proponga i suoi compromessi e non decida, dopo averli sentiti accettare, di portarla su prendendola tra due dita. Due dita che, però, resteranno sempre intorno al trasportato e che potranno schiacciarlo se non rappresenterà, sempre, gli interessi del trasportatore. 

Sia chiaro, questo è sano quando le dita sono quelle dei "rappresentati/elettori" ma non dovrebbe valere se si rappresenta un privato.

Questo stesso meccanismo, con pochi dettagli di differenza, entra in gioco in ogni altro ambito: in un'azienda verrà privilegiata la persona che porterà benefici terzi a chi è capace di rendere ottimale l'organizzazione produttiva, nei contesti accademici avanzeranno quelli che sapranno muovere gli investimenti a discapito di chi ha un progetto innovativo, nello spettacolo e nella cultura i privilegiati saranno i figli d'arte o chi avrà la capacità economica di coprire, direttamente o indirettamente, i costi di una promozione capillare, fino ad arrivare (e qui si parla di reato) a quei contesti nei quali si privilegierà qualcuno che è espressione della criminalità organizzata per evitare ritorsioni, minacce, intromissioni nella gestione degli affari, pubblici o privati che siano.

Insomma, in quest'ottica sarebbe necessario porre attenzione, come base per un ragionamento più ampio e di ridefinizione dei parametri di analisi e magari del nostro contesto Paese, alla teoria sociologica dell'intersezionalità, altrimenti si rischia di puntare la luna e di guardare solo il dito.