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di Monica Vendrame

 

L’idea di adottare la settimana lavorativa corta, dal lunedì al giovedì, a parità di salario, inizia a solleticare anche gli italiani.

Molti Paesi hanno già attuato esperimenti in tal senso, e i risultati ottenuti, sia in termini di produttività che di benessere per chi lavora, sono a dir poco entusiasmanti.

In pratica, è stato proposto ai dipendenti, che svolgono l’attività “a tempo pieno,” di condensare tutte le ore di lavoro dal lunedì al giovedì per avere più libertà e flessibilità. Favorevoli i sindacati, convinti che orari giornalieri più lunghi aumentino anche il rischio di incidenti sul lavoro e che questa strategia aiuterebbe a creare più posti di lavoro; positive anche le associazioni ambientaliste perché, riducendo i giorni, si avrebbero meno spostamenti e minore inquinamento grazie alla riduzione delle emissioni del gas serra.

Nella capitale dell’Islanda, Reykjavík, si è tenuto un esperimento dal 2015 al 2019 che ha confermato il successo della settimana lavorativa di quattro giorni. Secondo l’esito dello studio, i dipendenti di uffici pubblici, servizi sociali, scuole materne e ospedali, sono passati dal lavorare 40 ore a settimana a 35 o 36 ore, senza subire una diminuzione dello stipendio. Per farlo sono state adottate strategie volte a riorganizzare  la giornata di lavoro. Hanno ridotto il numero di riunioni, preferendo spesso la comunicazione per  email e diminuito il numero delle pause caffè, mentre le attività giornaliere sono state ridistribuite  in modo da ottimizzare il tempo a disposizione. I risultati dimostrano che la produttività è rimasta invariata o addirittura aumentata e gli oltre 2500 lavoratori coinvolti hanno utilizzato il tempo libero per recuperare le energie, per passare più tempo in famiglia o per dedicarsi ai propri hobby. Questo ha portato i sindacati a rinegoziare i contratti di lavoro e adesso l’86%  degli islandesi ha scelto di lavorare meno per lo stesso stipendio, migliorando nettamente la qualità della loro vita.

Infatti, spesso è proprio l’ambiente di lavoro ad aumentare stati d’ansia e di malessere. Questa condizione è stata identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha definito come “bruciato” lo stress cronico associato al contesto lavorativo.

Ma la vera pioniera dell’Europa è stata la Francia che già nel 2002 ha diminuito le ore di lavoro settimanali portandole da 39  a 35 ore. Oltre all’Islanda,  altri paesi stanno seguendo questo esempio. Come la Spagna, dove il governo ha approvato la sperimentazione di un progetto pilota che ridurrebbe l’orario di lavoro di circa 200 aziende. Fanno lo stesso anche la Nuova Zelanda, la Danimarca, la Germania, il Belgio,  il Giappone e la Gran Bretagna.

Attualmente, nel nostro Paese la settimana lavorativa resta di 40 ore settimanali, anche se sono in molti a sognare  la settimana corta sostenendo lo slogan “Lavorare meno, lavorare tutti!”.

Purtroppo, non è stata avanzata alcuna proposta, a parte qualche eccezione. Ci sono due aziende internazionali con sede a Milano che, di propria iniziativa, hanno adottato la settimana su quattro giorni a parità di salario: la Carter&Benson, che si occupa di consulenza strategica, e la Awin Italia, attiva nel campo del marketing.  Ma parliamo appunto di casi isolati.

Secondo  l’imprenditore Oscar Farinetti, fondatore di Eataly :

 “Nel corso degli anni siamo riusciti fortunatamente a lavorare sempre meno, oggi siamo a 40 ore a settimana su 5 giorni che significa che abbiamo il 42% di tempo libero, il 33% lo passiamo dormendo e il 25% lavorando. È un tema chiaramente più semplice per aziende di produzione che hanno un costo del lavoro molto basso attraverso la meccanizzazione, ma è più complicato per aziende di retail, come per esempio la ristorazione, dove il costo del lavoro pesa moltissimo. Per questo – conclude Farinetti – non sarà facile mantenere gli stessi stipendi riducendo un giorno di lavoro alla settimana – ed aggiunge - Oggi è un grandissimo problema trovare persone da assumere. Non se ne trovano più. Soprattutto per chi, come noi, offre un tipo di lavoro anche nel week end. Sicuramente lo stipendio minimo garantito aiuterebbe di più rispetto al reddito di cittadinanza, che non è una soluzione al problema del lavoro – puntualizza Farinetti - . Però è assolutamente importante che una quota di denaro venga prelevata da chi ne ha di più per darla a chi ne ha di meno, lasciando un reddito di sussistenza”, conclude l’imprenditore.

In Italia l'ultima riduzione dell'orario di lavoro risale al 1969, sicuramente, oltre mezzo secolo e una pandemia dopo,  si può tornare a discuterne. Si auspica un cambiamento di mentalità e  una maggiore flessibilità per stare al passo con il mondo del lavoro che sta vivendo, senza dubbio,  un cambiamento  radicale.

 

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Info Autore
Monica Vendrame
Author: Monica Vendrame
Biografia:
Vivo a Pegli (Genova). Sono vicepresidente dell'Associazione culturale "Atlantide - Centro studi nazionale per le arti e la letteratura" e promuovo eventi culturali. Sono redattrice del quotidiano online "La voce agli italiani" e collaboro con il periodico "La voce del Savuto". Amo il teatro e la lettura.
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