di Paolo Russo

Ho dedicato più di vent'anni allo studio della Psicologia e mai come in questo periodo ho sperimentato l'inerzia di un'intera categoria professionale.
In un periodo nero per la storia dell'umanità, noi Psicologi avremmo dovuto utilizzare tutte le nostre competenze non permettendo di ridurre le nostre opinioni tecniche al mero buonsenso di qualche ospite in tv.
Avremmo potuto spiegare perché la comunicazione non deve essere aggressiva e violenta. Potevamo insegnare a parlare con i bambini e gli anziani.
Avremmo dovuto insistere sull’importanza di ripristinare le fasce protette e impedire che si colpevolizzasse lo stare insieme dei bambini di qualsiasi età. Avremmo dovuto esserci come comunità unita, come professionisti attenti alla dignità della persona, come promotori di benessere scevri da condizionamenti morali e invece ci siamo divisi, ci siamo sospesi compiaciuti di aver scimmiottato l’Ordine dei Medici promotore di una pratica di cura che ci è totalmente estranea.
La Psicologia tutta ha fallito nell’espressione del suo potenziale. Non ha per nulla inciso sul dibattito sul virus lasciando che questioni complesse e tecniche fossero affrontate come chiacchere da bar. Nessun medico avrebbe permesso che uno psicologo potesse parlare di vaccini e invece noi abbiamo sentito trattati di psicologia dello sviluppo fatti da virologi con tematiche relative a quanto fosse figo vaccinarsi e vergognoso essere figli di padri sfigati.
L’Ordine degli Psicologi ha compiaciuto il sistema perlomeno pubblicamente dimostrando una certa subordinazione all’Ordine dei Medici che ha seguito una certa logica, che non condivido per nulla, costringendo al vaccino i medici in virtù di un credo verso la cura farmacologica.
L’Ordine degli Psicologi non si è opposto al fatto che la stessa logica fosse adottata anche per i suoi iscritti.
E’ come se il governo avesse imposto una psicoterapia personale (obbligatoria per la formazione degli Psicoterapeuti) per svolgere la professione di medico con l’assenso dell’Ordine dei Medici.
Noi sappiamo a differenza degli altri operatori sanitari che imporre un vaccino può voler dire violare lo spazio prossemico, estorcere un vaccino con la minaccia di togliere uno stipendio se non il posto di lavoro che noi sappiamo essere anche un luogo di relazione, di aggregazione , di autostima può essere vissuto come un abuso, un danno psicologico di cui conosciamo bene la sintomatologia.
Chi fa clinica sa benissimo quanta vergogna e colpa accompagnano le vittime di abuso soggette tra l’altro ad un profondo senso di insicurezza.
Il Comitato Tecnico Scientifico non ha al suo interno neanche uno psicologo in un periodo che ci doveva vedere protagonisti.
Chi conosce le ricerche della Società Italiana di Psico Neuro Endocrino Immunologia (PNEI) sa benissimo che stressare una persona equivale ad abbassarle le difese immunitarie, che vissuti psicologici influenzano moltissimo il decorso di molte malattie organiche.
Avremmo potuto pure ragionare sull’utilità del vaccino come presidio medico d’emergenza in un periodo in cui c’erano poche alternative e invece nulla. Nessuno spazio all’elaborazione, alla scelta consapevole e responsabile, all'analisi del rapporto rischi benefici, al rigore scientifico della psicologia sperimentale che ci ha abituato ad analizzare i dati considerando variabili come sesso, età e stile di vita per esempio senza generalizzare gli effetti delle cure, tutti principi della deontologia psicologica.
Proprio noi che giudichiamo la nostra competenza dall’empatia e dalla capacità di saper vedere nella complessità dell’essere umano la sua ricchezza e la sua dignità, abbiamo sprecato un'occasione che avrebbe risparmiato sicuramente tanta sofferenza inutile.
 
Info Autore
Paolo Russo
Author: Paolo Russo
Biografia:
Giornalista pubblicista, Psicoterapeuta e Psicoanalista a Padova e Portogruaro, scrittore e autore del "Trattato di Poesia Clinica", conduttore e ideatore delle trasmissioni radiofoniche "I Fiumi di Jane" e "GAMMA5NEWS" trasmesse dall'emittente padovana Radiogamma5.
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