di Fiore Sansalone
Liste d’attesa gestite come se fossero un’agenda privata. È quanto avrebbe accertato la Guardia di Finanza all’interno del reparto di Oculistica dell’ospedale “Renato Dulbecco” di Catanzaro. Un’indagine che ha portato agli arresti domiciliari il primario, Vincenzo Scorcia, e la segretaria di uno studio medico privato, Maria Battaglia. Ma i nomi coinvolti sono ben dodici, tra medici e personale sanitario.
L’accusa è chiara: un sistema parallelo, fatto di visite private, operazioni chirurgiche anticipate e pazienti “scavalcati”. Un meccanismo che, se confermato, avrebbe trasformato un reparto pubblico in una corsia preferenziale a pagamento. Con un effetto devastante: allungare i tempi per chi, come la maggior parte delle persone, aveva seguito il percorso regolare.
Le ipotesi di reato sono pesanti: associazione per delinquere, peculato, truffa aggravata, concussione, fino alla falsità ideologica. I militari del nucleo economico-finanziario hanno anche eseguito un maxi sequestro da oltre 984mila euro, ritenuto il guadagno illecito ottenuto da cinque dei professionisti indagati.
Il cuore del problema? Il sospetto che l’ospedale pubblico sia stato usato come prolungamento dell’attività privata. Alcuni pazienti venivano visitati a pagamento in studio e poi operati rapidamente in ospedale, saltando le liste. Per altri, addirittura, la scelta sarebbe stata forzata: di fronte alla possibilità di perdere la vista, chiunque avrebbe fatto carte false per non attendere mesi. E in quel contesto, la “proposta” privata diventava quasi inevitabile.
Sotto la lente degli inquirenti anche la posizione di chi aveva optato per il cosiddetto regime “in esclusiva”, che prevede la rinuncia a ogni attività privata in cambio di una retribuzione più alta da parte dello Stato. Ma secondo quanto emerso, alcuni medici avrebbero comunque continuato a lavorare fuori, anche in strutture convenzionate col servizio sanitario.
Il risultato è un doppio danno: economico per l’Azienda e l’Università “Magna Graecia”, etico per l’intero sistema.
Vicende di questo tipo risultano particolarmente gravi, non solo per la violazione delle norme, ma anche perché rischiano di compromettere il rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario. Il ricorso alle cure ospedaliere si fonda su un principio di affidamento verso strutture e professionisti chiamati a garantire imparzialità, equità e tutela della salute. Qualora si accerti che l’accesso alle prestazioni venga facilitato solo in presenza di pagamenti o percorsi privilegiati, viene messo in discussione uno dei pilastri fondamentali del servizio pubblico.
Non si tratta di episodi isolati, né limitati a una singola realtà territoriale. Situazioni simili, quando emergono, sollevano interrogativi profondi sull’effettiva capacità del sistema di rispondere al proprio mandato costituzionale: assicurare cure adeguate e tempestive a tutta la popolazione, indipendentemente dalle condizioni economiche. Preservare questo principio è essenziale per la tenuta sociale e per la credibilità delle istituzioni sanitarie.