Dopo la morte del piccolo Michael, si è tolto la vita. La comunità di Chiari lo piange in silenzio
di Fiore Sansalone
Chiari (Brescia) – Un pomeriggio grigio e carico di dolore ha accompagnato l’ultimo saluto a Matteo Formenti, il bagnino 37enne che si è tolto la vita pochi giorni dopo la tragedia avvenuta nell’acquapark “Tintarella di Luna” di Castrezzato, dove ha perso la vita un bambino di quattro anni. Le esequie si sono svolte nel Duomo dei Santi Faustino e Giovita, alla presenza di centinaia di persone e con il lutto cittadino proclamato dal sindaco Gabriele Zotti.
Matteo, secondo quanto ricostruito dalle indagini, non era a bordo vasca al momento dell’incidente. Si trovava dietro le quinte, intento a controllare l’impianto idrico, un incarico affidatogli direttamente dal gestore del parco. Quando il piccolo Michael è stato estratto dall’acqua, è stato proprio lui il primo a tentare la rianimazione.
Una collega ha raccontato che "non si distraeva mai, era sempre attento. Ha fatto tutto quello che poteva, e forse anche di più". Eppure, Matteo non è riuscito a perdonarsi. Nonostante le testimonianze, le ricostruzioni e il fatto che non avesse colpe dirette, si è sentito responsabile. Forse anche schiacciato dall’onda pesante delle accuse sui social, dove alcuni lo avevano additato subito dopo la tragedia.
Il suo corpo è stato ritrovato ai piedi del Monte Orfano, in un bosco a Cologne. Una morte che lascia sgomenti: la testa coperta da un sacchetto, le mani chiuse con un lucchetto. Un gesto estremo, probabilmente maturato nei giorni in cui attendeva la notifica di un avviso di garanzia – atto dovuto per poter disporre l’autopsia sul piccolo Michael, come previsto dalla legge. Lo stesso avviso è stato emesso anche per altri due colleghi.
Durante il funerale, il prevosto di Chiari, don Gian Maria Fattorini, ha ricordato Matteo come "un uomo che voleva salvare una vita, e che alla fine ha offerto la propria". Suo zio Fausto ha parlato di “una severità ingiusta verso se stesso”, chiedendo al pubblico di non giudicare, ma di restare in silenzio, “quel silenzio che consola, non quello che condanna”.
La città è ancora sotto shock. In appena dieci giorni, tre giovani si sono tolti la vita a Chiari: eventi non collegati tra loro, ma che lasciano un vuoto profondo. Il sindaco ha invitato la cittadinanza a vivere questa giornata “con sobrietà e rispetto, anche nei momenti di svago”.
Matteo non è morto per colpa, ma per dolore. Un dolore che non ha trovato ascolto, né tregua. Questa vicenda ci riguarda tutti, perché ci ricorda quanto siano fragili anche le persone forti, e quanto le parole – anche quelle scritte dietro uno schermo – possano pesare.
Non servono eroi, ma umanità. Non servono colpevoli, ma presenza, empatia e tempo. A volte, basta un attimo per crollare. E troppo spesso, intorno c’è solo rumore.
Matteo meritava comprensione. E adesso merita silenzio. Quel silenzio che abbraccia, non quello che giudica.

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