di Fiore Sansalone
Sulle spiagge pugliesi, da nord a sud, è comparsa una strana invasione: migliaia di piccoli dischetti neri in plastica, somiglianti per forma alle celebri patatine Pringles, stanno affiorando lungo la battigia, trasportati dalle correnti marine. Una visione curiosa, certo, ma anche profondamente inquietante.
Il fenomeno, già segnalato mesi fa lungo le coste del Veneto, in particolare a Rosolina (Rovigo), ora ha raggiunto il tacco d’Italia, facendo ipotizzare un’origine comune a monte, forse lungo il corso del fiume Adige. A raccogliere e diffondere l’allarme è Enzo Suma, ambientalista e fondatore del progetto Archeoplastica, da anni impegnato nella documentazione dei rifiuti marini che si accumulano lungo il litorale adriatico.
Cosa sono questi dischetti e da dove arrivano?
Il nome tecnico di questi oggetti è z-mbbr, piccoli elementi in plastica ad alta resistenza – generalmente in polietilene o polipropilene – utilizzati negli impianti di depurazione che adottano la tecnologia Mbbr (Moving Bed Biofilm Reactor). In questo sistema avanzato per il trattamento delle acque reflue, i dischetti ospitano colonie di batteri “buoni” che contribuiscono al processo di depurazione.
In teoria, questi componenti dovrebbero restare confinati all’interno dei reattori. In pratica, però, qualcosa è andato storto. La loro presenza in mare indica una fuoriuscita anomala e ripetuta da uno o più impianti. Una perdita forse non segnalata, forse ignota persino ai gestori stessi. Il sospetto è che l’origine sia un depuratore situato a nord, lungo l’Adige, da dove i dischetti avrebbero intrapreso un viaggio fluviale verso l’Adriatico, fino a disperdersi sulle coste pugliesi.
Per risalire alla fonte, Archeoplastica ha avviato una vera e propria indagine parallela. Insieme al divulgatore scientifico Matteo Miluzio, è stato contattato direttamente il direttore vendite – italiano – di una azienda svedese specializzata nella produzione di questi z-mbbr. La richiesta: fornire l’elenco dei clienti italiani che utilizzano questi dispositivi, per individuare il responsabile dello sversamento.
«Siamo convinti che ci sia un depuratore che, senza saperlo, continua a perdere questi dischetti», si legge nei post social di Archeoplastica. «Serve chiarezza, serve trasparenza. E serve l’intervento urgente delle autorità».
Mentre le segnalazioni si moltiplicano, sono stati informati i Carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) di Padova, Venezia e Roma. Nel frattempo, sulle spiagge di Rosolina, i volontari di Plastic Free, guidati da Riccardo Mancin, hanno raccolto in poche ore un sacco pieno di rifiuti plastici, tra cui i famigerati dischetti neri.
«Che siano rifiuti di impianti di depurazione o no, una cosa è certa: non appartengono al mare. Non appartengono alla sabbia. È necessario agire ora», ha dichiarato Mancin.
Questa vicenda accende i riflettori su una forma di inquinamento meno evidente ma altrettanto pericolosa: quella dei microcomponenti industriali, che sfuggono ai controlli e si disperdono nell’ambiente. A differenza delle classiche bottiglie o dei sacchetti, questi piccoli oggetti passano spesso inosservati, ma possono avere un impatto devastante sull’ecosistema marino, compromettendo la salute della fauna e la qualità delle acque.
La speranza è che l’indagine condotta da Archeoplastica, supportata ora anche da enti pubblici e attivisti, possa presto identificare il punto esatto della dispersione. Ma soprattutto, che si intervenga tempestivamente per fermare un inquinamento silenzioso quanto insidioso, che oggi lambisce le spiagge della Puglia, e domani potrebbe estendersi ancora più a sud.