di Gabriella Paci
C’era un tempo in cui le attività manifatturiere erano un vanto indiscusso e venivano tramandate di generazione in generazione: l’Italia vantava una grande varietà di artigiani che si cimentavano nei più svariati settori, dalla moda all’oggettistica, dall’arredamento all’alimentare, dai giocattoli alla gioielleria, e l’elenco potrebbe continuare ancora.
Ieri
A volte l’artigiano lavorava in proprio, a volte aveva una fabbrica a conduzione familiare o poco più. Si realizzavano comunque pezzi unici, in quanto frutto di una produzione manuale che non ripeteva mai in modo identico il prodotto, e spesso sul cartellino apposto alla merce si leggeva la dicitura che era facile riscontrare piccole imperfezioni, le quali non dovevano essere considerate difetti ma frutto, appunto, dell’artigianalità.
Artigiani minori erano l’ombrellaio, ovvero il riparatore di ombrelli; il pellaio, ovvero colui che chiedeva a gran voce pelli di coniglio che le massaie mettevano da parte dopo aver spellato e cucinato l’animale; o ancora il calzolaio, la sartina per le riparazioni, l’aggiustatutto, il personaggio che si presentava come capace di rimediare a qualunque danno.
Esistevano poi le ricamatrici, che con pazienza ricamavano corredi e cifre sulle camicie o sugli abiti dei bimbi, e le sarte-creatrici di abiti di carnevale che, usando fantasia e scampoli di tessuto, realizzavano pezzi unici dalla creatività stupefacente.
C’erano tante e tante attività ora scomparse, che ogni tanto tornano alla mente di chi le ha viste o sentite raccontare.
Oggi
Oggi è assai difficile che un giovane pratichi la bottega di un artigiano con la voglia di cimentarsi in una produzione; troppo frenetico è il ritmo della vita e si ha voglia di guadagnare presto e subito. Responsabile del declino è anche il cambio di abitudini, che spinge gli acquirenti verso gli acquisti online, il processo di automazione sempre in crescita e la già citata crisi generazionale. Tuttavia, è anche vero che c’è una ripresa, almeno in certi settori come quello estetico e del benessere, e in quello tecnologico e digitale, per cui si può parlare di un quadro di resilienza e di adattamento e non solo di declino.
Tanto per avere un quadro, possiamo dire che parrucchieri, tatuatori, estetiste e operatori del wellness aumentano stabilmente, in controtendenza rispetto alla generalizzata contrazione dei mestieri manuali tradizionali.
Per il settore digitale, videomaker, web marketer, social media manager e sviluppatori di piattaforme rappresentano nuove specializzazioni, facendo convergere il saper fare artigiano con le opportunità offerte dalla trasformazione digitale.
Inoltre, la diffusione dell’e-commerce e dei market digitali, se da un lato penalizza, dall’altro permette di accedere a una clientela senza restrizioni geografiche. Il passaggio da bottega fisica a bottega digitale si accompagna spesso a processi di certificazione della sostenibilità e della tracciabilità dei materiali.
L’adattamento di competenze manuali tradizionali alla nuova economia digitale configura così un modello di crescita capace di sostenere la rilevanza del settore a livello internazionale, come attestato dall’incremento delle esportazioni in nicchie di mercato.

