Oggi Le Roi compie 70 anni: auguri a un Fuoriclasse dentro e fuor dal campo
di Massimo Reina
Sul rettangolo verde era poesia tattica scritta col pennello di un numero 10 che vedeva linee invisibili agli altri, capace di toccare il pallone come si accarezza un'idea. Platini non correva: pensava. Non dribblava: suggeriva. Era l’unico in grado di illuminare la noia della zona con una punizione all’incrocio o un passaggio che rompeva l’inerzia come una bestemmia in chiesa. Un calcio che non esiste più, sepolto sotto la polvere del pressing, del GPS, della verticalità ossessiva.
Michel, pennellate d’autore
Lo guardavi, e sembrava lento. Ma era solo più veloce degli altri, nella testa. Tutti a guardare la palla, lui a immaginare dove sarebbe passata dopo. Con lui, la Juve ha smesso di essere solo pragmatismo sabaudo e ha conosciuto l’eleganza francese, quella delle geometrie parigine applicate ai triangoli tra Scirea e Boniek.
Fuori dal campo, invece, era l’opposto del campione pettinato e aziendalista. Ironico, polemico, a volte spigoloso, sempre arguto. Con quel sorriso obliquo da uno che non solo ha capito il gioco, ma ha anche capito chi lo manovra. Era l’unico ex fuoriclasse che, intervistato, ti faceva ridere. E a disagio. Perché diceva quello che pensava. Su FIFA, UEFA, Blatter, gli arbitri, i soldi, la politica, la Juve, i francesi. Su tutto.
Un anarchico elegante, un guastatore educato
Platini è stato il primo a fare gol anche dopo aver smesso di segnare, con battute che spesso valevano più di un assist.
Una volta disse: "Nel calcio moderno c’è troppa corsa e poca intelligenza. Io giocavo con la testa, mica con i piedi." E aveva ragione. Lo capisci oggi, quando vedi mezzali che corrono 12 chilometri senza mai creare un’idea. Nel suo calcio c’erano i silenzi, le pause, gli sguardi, i passaggi pensati mezz’azione prima.
Il contrario del calcio urlato di oggi, dove anche i terzini gridano “mister!” ogni tre secondi e i 10 sono spariti come i juke-box.
Odiato da chi ama gli slogan e adorato da chi cerca verità scomode, Platini è stato il genio che amava rompere gli schemi, non solo in campo ma ovunque passasse. Perché non era moderno, era eterno. Come certi dipinti che capisci solo anni dopo. E forse è per questo che, nel calcio di oggi, non c’è più spazio per uno come lui. Troppo libero, troppo fine, troppo intelligente. Peccato. Aveva ancora molto da dire. Ma l’ha già detto, e questo basta. Come certe punizioni al minuto 83: non servono applausi. Serve solo ricordarle.